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Nella delicata intersezione tra arte e scienza, la celebre affermazione de Il Piccolo Principe “L’essenziale è invisibile agli occhi” si trasforma in un enigma svelato. Oggi, grazie a nuove ricerche e tecnologie quali la risonanza magnetica, ciò che un tempo era pura intuizione umana tradotta in poesia rivela un intrigante volto scientifico, dimostrando che, talvolta, la vista è ciò che più ci rende ciechi all’essenza del nostro essere umani.
Durante il lungo viaggio della nostra evoluzione la vista è sempre stata il senso più importante, giocando un ruolo cruciale per la sopravvivenza: dall’individuazione di prede e predatori fino all’orientamento nello spazio e all’apprendimento; la vista permette di raccogliere oltre l’80% delle informazioni provenienti dall’ambiente. Dato il suo ruolo cruciale, il meccanismo della visione in toto è un sistema complesso la cui realizzazione necessita dell’interrelazione tra diverse strutture quali l’occhio, il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso periferico (Sedesoi, n.d.). Le strutture legate al processo visivo occupano un’ampia area del substrato cerebrale.
Tuttavia quando proviamo a ricordare un nome, ad apprezzare un profumo, o a essere particolarmente concentrati chiudiamo gli occhi. Lo scienziato cognitivo Art Markman scrive in Psychology Today che questo rappresenta il tentativo del nostro cervello di rimuovere le distrazioni eliminando il ‘rumore’ visivo: “Quando i nostri occhi sono aperti, le aree cerebrali relative alla vista ricevono input dagli occhi mantenendole impegnate. Di conseguenza, quando devi rispondere a una domanda complessa o ricordare qualcosa chiudi gli occhi o li alzi in modo da isolarti dal mondo.” (Markman, 2011)
La riduzione degli stimoli visivi apre la porta a una riscoperta degli altri sensi, come olfatto e tatto.
Il tatto è ritenuto un senso fondamentale per la crescita e la socialità nei mammiferi, in quanto implicato nello sviluppo psicologico, comportamentale, fisiologico e nella trasmissione di informazioni di natura affettiva e affiliativa, essenziali fin dalle primissime fasi di vita.
Nonostante ciò, uno studio di Stringer pubblicato sulla rivista Human Perception and Performance, ha analizzato azioni che prevedevano impulsi visivi e tattili contemporanei, chiedendo a sedici volontari di identificare alcune lettere in un contesto di alta o bassa difficoltà e misurando la loro risposta a stimoli tattili: dai risultati è emerso che il campo visivo tende a prevalere su quello tattile. Per questo motivo, in momenti nei quali le persone sentono il bisogno di connettersi con l’altro attraverso il contatto fisico, come accade nel caso di un bacio, chiudere gli occhi diviene indispensabile. Come evidenziato dall’autore, “la ricerca ha scoperto che il campo visivo è più impegnativo e riduce la reattività delle persone verso le sensazioni tattili. Ciò implica che, ad esempio, chiudendo gli occhi si è in grado di migliorare la consapevolezza tattile, e questo potrebbe essere uno dei motivi per i quali tendiamo a farlo quando ci baciamo” (Stringer, 2016). Eliminando l’interferenza visiva, il cervello diventa più ricettivo ai segnali tattili, intensificando il contatto e rendendo il gesto del bacio, o altre forme di contatto fisico, molto più emozionante e profondo.
Questo fenomeno non si limita solo al tatto, basti pensare a come, di fronte a un mazzo di fiori, chiudiamo gli occhi per lasciarci avvolgere dalla loro fragranza: anche l’olfatto, fondamentale per il riconoscimento di odori, profumi e per l’esperienza emozionale che essi possono suscitare, acquisisce una nuova e più intensa rilevanza quando la vista viene interrotta.
Approfondendo ulteriormente, recenti studi hanno evidenziato come la chiusura degli occhi influenzi direttamente il modo in cui il nostro cervello processa le informazioni. La chiusura degli occhi porta a un miglioramento della percezione somatosensoriale grazie a un passaggio dalla predominanza della vista a una modalità di elaborazione somatosensoriale. Utilizzando un compito di discriminazione tattile e dati di neuroimaging funzionale (fMRI), sono stati acquisiti dati da soggetti sani con gli occhi aperti e chiusi in due ambienti: uno caratterizzato da luce ambientale e l’altro dalla completa oscurità. In entrambe le condizioni la soglia percettiva diminuiva quando i soggetti chiudevano gli occhi mentre le loro dita diventavano più sensibili. In completa oscurità, la chiusura degli occhi aumentava significativamente l’attività BOLD (blood-oxygen-level-dependent) occipitale nelle aree somatosensoriali e nelle aree di elaborazione visiva secondaria. Questo cambiamento nell’attività cerebrale è associato a un potenziamento della connettività tra il talamo sensoriale e la corteccia somatosensoriale, mentre la connettività tra le aree visive e somatosensoriali diminuisce (Brodoehl et al., 2015). Il presente studio dimostra che la chiusura degli occhi migliora la percezione somatosensoriale non semplicemente per la mancanza di segnali visivi, assenti nella condizione di completa oscurità, ma perché l’atto stesso di chiudere gli occhi altera la modalità di elaborazione del cervello. Questo “switch” non solo migliora la percezione del tatto, ma favorisce anche stati di mindfulness, in cui l’attenzione viene focalizzata sul momento presente, escludendo le distrazioni esterne.
L’attività di chiudere gli occhi trova perciò un’altra importante applicazione nelle pratiche di mindfulness e di meditazione. Ricerche sperimentali hanno dimostrato che, in condizioni di chiusura degli occhi, i punteggi relativi alla mindfulness aumentano, mentre i livelli di ansia diminuiscono. Questo effetto è stato particolarmente evidente quando i risultati dei partecipanti nella condizione occhi chiusi sono stati confrontati con quelli ottenuti in ambienti ricchi di stimoli visivi, come schermi a fantasia (Sprawson et al., 2020). Il gesto di chiudere gli occhi non solo favorisce il rilassamento, ma contribuisce anche a migliorare le prestazioni cognitive e la consapevolezza del sé, permettendo ai praticanti di concentrarsi meglio sul respiro, sul corpo, e sulle sensazioni interiori grazie all’aumento della percezione somatosensoriale.
Un altro aspetto interessante legato alla chiusura degli occhi riguarda la creatività. La riprova di ciò è stata una recente ricerca che partiva proprio dal presupposto che tenere gli occhi chiusi permetta di risparmiare risorse cognitive: i quaranta partecipanti allo studio sono stati sottoposti a entrambe le condizioni, occhi chiusi e aperti, ed è stato loro richiesto di inventare nuovi nomi da dare al riso e al tè. I risultati hanno rivelato che nella condizione a occhi chiusi i partecipanti hanno generato idee 1.6 volte più divergenti e flessibili che nella condizione ad occhi aperti, suggerendo che chiudere gli occhi mentre si pensa aumenti la creatività (Yonemitsu et al., 2018). “Le idee creative sembrano venire più spesso quando siamo ad occhi chiusi, fissiamo una parete spoglia, o guardiamo fuori dalla finestra, tutti fattori che rimuovono le distrazioni e che direzionano la nostra attenzione all’interno di noi stessi” dichiarano i ricercatori del Psychonomic Bulletin & Review.
La vista è il senso che più di tutti ci tiene legati al mondo fisico che ci circonda e, in quanto tale, risulta essere essenziale per la nostra sopravvivenza. Ma un pensiero illuminato da un’idea creativa, essere presenti qui e ora nel proprio corpo, sentire il dolce profumo di un mazzo di fiori che ci ricorda il sorriso di chi ce li ha donati, un travolgente bacio notturno sotto casa… non è forse in questi momenti in cui la vista passa in secondo piano che possiamo veramente andare oltre l’orizzonte materiale e apprezzare nel profondo l’essenza della nostra umanità?
Ines Fila
Mail: inesfila@icloud.com
Bibliografia:
- Stringer, C. (2016, March 20). escenic. The Telegraph. https://www.telegraph.co.uk/news/12199716/Revealed-The-reason-why-we-close-our-eyes-while-sharing-a-kiss.html
- Brodoehl, S., Klingner, C. M., & Witte, O. W. (2015). Eye closure enhances dark night perceptions. Scientific Reports, 5(1). https://doi.org/10.1038/srep10515
- Yonemitsu, F., Sasaki, K., Gobara, A., Kosugi, K., & Yamada, Y. (2018). “‘Close, and ye shall find’”: eye closure during thinking enhances creativity. Palgrave Communications, 4(1). https://doi.org/10.1057/s41599-018-0138-0
- Markman, A. (2011, October 18). Why do you close your eyes to remember? Psychology Today. Recuperato da https://www.psychologytoday.com/us/blog/ulterior-motives/201110/why-do-you-close-your-eyes-remember
- Sedesoi. (n.d.). Occhio e vista: Introduzione. Recuperato da https://www.sedesoi.com/occhio-vista-introduzione/
- Sprawson, I., Wood, J., & Mantzios, M. (2020). “And Now Close Your Eyes or Lower Your Gaze”: Exploring Novice Meditators and Their Attentional Processes During Meditation. Journal of Cognitive Enhancement. https://doi.org/10.1007/s41465-020-00175-3

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