Oggi più che mai abbiamo bisogno di una psicologia della liberazione

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Anche se sconosciuta ai più e meno popolare di tante altre correnti, la psicologia della liberazione, oggi, sembra essere più attuale che mai. Ora, siamo sempre meno padroni del nostro destino e perdiamo sempre di più la consapevolezza del mondo nel quale viviamo; cerchiamo la radice dei nostri problemi all’interno del nostro mondo interiore senza, però, considerare la realtà in cui siamo immersi e il fortissimo potere che il mondo sociale ha su di noi.

Ignacio Martìn Barò, fondatore di questo modo di intendere la pratica psicologica, riteneva che spesso l’origine di molti problemi fosse da ricondurre a questioni sociali strutturali. È proprio da queste considerazioni che nacque l’esigenza di intendere la psicologia come un sapere in grado di liberare le persone da strutture che spesso opprimono i cittadini senza che questi ne siano consapevoli.  Ciò che, infatti, caratterizza questo tipo di corrente riguarda la lente politica con la quale guardare la realtà, focalizzandosi sulla necessità di trasformarla a partire da un’opera di “coscientizzazione” per come la intendeva Freire. Con questo termine intendiamo, infatti, la necessità di far sì che le persone diventino consapevoli di situazioni di cui spesso non hanno coscienza, risvegliando in loro il bisogno di cambiare la realtà partendo dalla consapevolezza acquisita e soprattutto riportando in vita quel sentimento politico, non nel senso partitico del termine, che prende vita grazie ad un’azione collettiva. 

Per Barò la possibilità di liberazione può avvenire solo attraverso una prassi trasformativa che riconosca l’alterità dell’altro e dia la possibilità di restituire voce a chi è oppresso e non ha gli strumenti per leggere in modo critico la realtà. 

Oggi più che mai sembra che questo modo di intendere l’intervento psicologico sia necessario a fronte di una realtà sempre più problematica e opprimente. Anche se in modi e forme diverse dagli anni in cui Barò dà vita a questa corrente, la società contemporanea sembra riprodurre delle dinamiche sulle quali è necessario prendere consapevolezza e riconoscerne il forte risvolto che hanno sulla vita interiore di ciascuno di noi. Rispetto al concetto di oppressione, è evidente, dalle ultime indagini condotte, come il benessere delle popolazioni si stia sempre più restringendo nelle mani di pochi a scapito delle maggioranze. I dati Oxfam riportano, infatti, che nel 2024 la ricchezza dei miliardari è cresciuta di circa 2000 miliardi con pochi se non inesistenti progressi all’interno delle fasce più povere. Anche il Washington Post in un articolo riporta come l’1% della popolazione abbia accresciuto nell’arco di dieci anni la propria ricchezza di circa 33, 9 trilioni di dollari, segnalando che tale cifra basterebbe ad eliminare la povertà annuale circa 22 volte. 

Oltre al dato economico, che ovviamente ha una sua rilevanza, è necessario notare anche come il potere e il modo in cui viene gestito e distribuito stia cambiando. Massimo De carolis a questo proposito parla di “Rifeudalizzazione”, come processo attraverso il quale configurare le modalità con cui le nostre democrazie stanno mutando. In particolare, De Carolis pone l’attenzione sulle modalità per cui il neoliberismo, che avrebbe dovuto liberare energie, ha, invece, prodotto stagnazione e maggiori disuguaglianze. Nell’epoca contemporanea, l’ordine politico si è, infatti, indebolito a seguito di una tecnocrazia sempre più imponente, una crisi dello stato sociale e una globalizzazione che ha mancato buona parte delle sue promesse. Tutto questo ha come conseguenza un rovescio per il quale ciò che avrebbe dovuto favorire la massima libertà ha finito con il creare maggiori disuguaglianze favorendo così un processo di rifudalizzazione, seppur in maniera ovviamente diversa dall’epoca da cui il termine trae origine. 

Un altro importante fattore per cui il messaggio di Barò sembra più attuale che mai, riguarda la progressiva incapacità che stiamo acquisendo di incontrare l’Altro, così come lo intende Byung-Chul Han. Il filosofo cerca di spiegare come il mondo contemporaneo sia caratterizzato sempre di più dalla presenza di soggetti di performance, coloro che sfruttano l’altro in nome della propria libertà  e realizzazione personale. La conseguenza di ciò è la scomparsa degli altri, del conflitto, della negatività e, quindi, anche della dimensione politica, che invece è necessaria per poter comprendere la realtà in cui viviamo e ritrovare il senso della collettività necessario per qualsiasi trasformazione sociale così per come la intende Barò. La psicologia della liberazione concepisce la possibilità di costruire una società che sia inclusiva passando dal riconoscimento dell’Altro visto nella sua totale libertà.  

Ciò che contribuisce in modo sostanziale alla ricostruzione di una coscienza collettiva è l’insieme delle tecnologie che, giorno dopo giorno, plasmano il modo in cui ragioniamo e guardiamo la realtà. Rispetto a questo Nicholas Carr, scrittore e saggista, in un suo articolo cerca di approfondire le modalità con cui le tecnologie stanno appiattendo la nostra capacità di avere una lettura profonda della realtà e, quindi, di cogliere la complessità che la caratterizza. Egli pone l’attenzione non tanto su i contenuti che troviamo nel mondo digitale, quanto sul modo in cui navighiamo e troviamo informazioni. Questo sarebbe caratterizzato da una sempre minore lettura profonda di ciò che leggiamo, che viene sostituita da quello che viene definito “skimming”, quel continuo scorrimento compulsivo di informazioni. Questo comportamento sembrerebbe portare ad una difficoltà nel riuscire a prestare attenzione per lungo tempo ad testo denso e argomentativo. Un recente studio condotto dal MIT di Boston, ad esempio, ha mostrato come ci siano delle correlazioni tra l’utilizzo di ChatGPT e una minore connettività cerebrale e minore attivazione diffusa delle regioni dedicate alla riflessione profonda. Tutto questo diventa rilevante nell’individuare la necessità di riflettere sulla progressiva incapacità di pensare e saper integrare i diversi saperi e avviare delle riflessioni critiche che possano essere la base per avviare quel processo di liberazione di cui parla Barò.

Il motivo per cui risulta necessario riconoscere il valore del pensiero della psicologia della liberazione nell’età odierna riguarda anche la diffusione della pratica clinica individuale che spesso anziché rendere il soggetto cosciente non fa altro che aiutare la persona ad adattarsi ad un mondo ingiusto, aiutando così la struttura sociale presente e fortificarsi e perdurare nel tempo. Ignacio Martín Baró non a caso denunciava proprio l’utilizzo e la diffusione di una pratica psicologica che non tenesse conto del contesto, delle origini storiche e che fosse totalmente a-politica. L’idea di fondo di Barò riguarda la necessità di smontare e smascherare la narrazione dominante per cui siamo portati a pensare che “è naturale che sia così” o che sia sempre “colpa nostra”. Alla luce delle dinamiche sociali, economiche e politiche risulta sempre più importante restituire alla pratica psicologia la sua vocazione storica e politica come Barò la concepiva

Edoardo cancellieri 

Sitografia

Bibliografia 

De Carolis, M. (2024). Rifeudalizzazione. Milano: Feltrinelli.
Han, B.-C. (2017). L’espulsione dell’altro. Roma: nottetempo.

Martín-Baró, I. (2018). Psicologia della liberazione (a cura di M. Croce & F. Di Lernia; intr. di A. Blanco; con uno scritto di N. Chomsky). Roma: Bordeaux edizioni.

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