Conferenza Cop26. – Abilismo: a che punto siamo?

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Dal 31 ottobre al 12 novembre si è svolta nel Regno Unito, a Glasgow, la Cop26: un’importante conferenza delle nazioni unite sui cambiamenti climatici che, grazie alle recenti manifestazioni e alla maggiore sensibilità sulle tematiche ambientali, sta raggiungendo un elevato grado di visibilità. È proprio durante questa conferenza che i paesi coinvolti presentano i piani aggiornati di riduzione delle emissioni per contrastare la crisi climatica. Un evento di questa rilevanza doveva mostrare, oltre all’impegno nel voler migliorare la situazione climatica, anche unità tra i paesi e democrazia.

Così però non è stato, la ministra israeliana per le infrastrutture nazionali, Karine Elharrar, è stata esclusa dalla conferenza perché questa era inaccessibile alle persone in sedia a rotelle. Ma non solo, prima di esser stata costretta a ritornare in albergo, data l’inaccessibilità della struttura, è stata invitata a utilizzare una navetta non idonea per chi utilizza una sedia a rotelle. Solo il giorno dopo è stata utilizzata una rampa per poter far accedere la ministra alla conferenza.

Il ministro dell’ambiente George Eustice ha accusato la delegazione israeliana di non aver avvisato della “necessità particolare” della ministra, scusandosi poi solo in un secondo momento per l’accaduto. Ma quella della ministra Elharrar è davvero una necessità particolare? La nostra società vede ancora come esigenze particolari dei diritti fondamentali e il fatto che questo spiacevole evento sia accaduto proprio in un luogo che dovrebbe avere alla base la democrazia e l’inclusività la dice lunga su quanto ancora la società non riesca a comprendere l’importanza di abbattere le barriere architettoniche. Questo lo si nota anche da come la notizia non abbia fatto molto scalpore, nonostante la gravità dell’evento.

Era il 7 Aprile quando la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, rimase senza sedia, per poi sedersi su un divano in disparte, al ricevimento nel Palazzo di Ankara, mentre il presidente turco Erdogan e il presidente del consiglio europeo Michel sedevano su due poltrone. Questa vicenda, diventata un vero proprio scandalo, è stata vista da tutti come una discriminazione inaccettabile. I giornali ne hanno parlato per giorni e i politici di tutto il mondo hanno detto la loro sulla vicenda.

Come mai, invece, il caso della ministra Elharrar non è diventato virale? Non sarà, forse, che l’abilismo è visto come un tipo di discriminazione meno importante di altri? La disabilità, essendo vista come qualcosa di “particolare”, citando le stesse parole del ministro Eustice, è perciò, per alcuni, meno rilevante? Ciò che è chiaro è come ancora le persone disabili non vengano considerate come parte della società, basti pensare come sia tuttora difficile trovare luoghi totalmente accessibili e come spesso le loro esigenze vengano viste come pretese e non come dei veri e propri diritti. Questo comporta una esclusione dalla società che ancora vede le discriminazioni abiliste come secondarie, o addirittura non le vede del tutto.

In Italia è passata inosservata la sospensione della legge 68 (che prevedeva l’obbligo di assunzione di lavoratori disabili) a causa della pandemia e la recente sentenza dell’INPS per cui le persone con una disabilità dal 74% al 99% che hanno un lavoro non potranno più usufruire dell’assegno mensile di assistenza che garantiva alle persone con disabilità una vita dignitosa, in grado di assolvere anche alle spese e ai costi medici o di supporto alla vita.

Simone de Beauvoir scriveva “Non dimenticate mai che una crisi politica, economica o religiosa sarà sufficiente per mettere in discussione i diritti delle donne” ma credo che questa frase riesca a cogliere la condizione di molte minoranze, compresa quella delle persone con disabilità che hanno visto i propri diritti venir meno durante questa pandemia. Questa esclusione e mancanza di tutela, però, non peggiora solo la condizione economica, lavorativa e sociale della persona disabile ma anche quella psicologica, portando le persone con disabilità ad essere maggiormente esposte a stati depressivi.

La ricerca “Relationship between Physical Disability and Depression by Gender: A Panel Regression Model”, pubblicata nel 2016 sulla rivista scientifica PLOS ONE, rivela come le persone disabili siano maggiormente predisposte a soffrire di depressione a causa del carico di stress che affrontano ogni giorno. I risultati evidenziano l’importante ruolo dell’accesso al mondo del lavoro e delle condizioni economiche sullo stato psicologico dell’individuo, ma anche del genere, infatti, dai risultati emerge come ci sia un maggior numero di donne disabili che soffrono di depressione, ciò a causa delle ulteriori discriminazioni che subiscono anche in quanto donne. Dunque, è importante ci sia una maggiore sensibilizzazione sul tema della disabilità, ma non solo, occorre far sì che le necessità delle persone con disabilità non siano più viste come esigenze particolari ma come dei diritti. Non è più possibile accontentarsi delle scuse o delle rampe utilizzate solo in un secondo momento, come è successo nel caso della ministra Elharrar, è ora di prendere realmente in considerazione le persone con disabilità come parte della società.

Di Miriam Flora

miriam.flora02@gmail.com

Bibliografia e Sitografia:

Noh, J-W., Kwon, Y. D., Park, J., Oh, I-H., & Kim, J. (2016). Relationship between Physical Disability and Depression by Gender: A Panel Regression Model. Plos One. 2016 Nov 30;11(11). https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0166238

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