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“failure to achieve happiness … can be seen as one of the greatest failures a person can experience.’’
(Morris 2012, p. 436)
Cherofobia= avversione alla felicità o, in altri termini, paura della gioia
La stessa etimologia rimanda ad uno stato problematico. Il termine deriva dalla parola greca “chero”, che significa “rallegrarsi” e dal greco “phóbos”, che significa paura. Quando una persona sperimenta cherofobia prova la paura di essere felice e di partecipare ad attività che produrrebbero gioia: questo sentimento viene associato ad una condizione di estrema vulnerabilità e quindi evitato a tutti i costi. Gli individui cherofobici furono riconosciuti e studiati per la prima volta nel 1916 da Freud come “Individui che cedono di fronte al successo”. Queste sono le persone che sembrano essere dirette verso il fallimento, che si trovano costantemente in relazioni o amicizie frustranti, o che intraprendono progetti che sanno già in partenza che non completeranno. Freud spiegò che in questi casi, il senso di colpa inconscio è ciò che porta queste persone a soccombere.
La cherofobia è prima di tutto una fobia e in quanto tale è un disturbo d’ansia caratterizzato da paura irrazionale e persistente di un oggetto, una situazione o una circostanza, fino ad arrivare all’ “evitamento”. Le fobie sono il risultato di un conflitto interno tra desideri inconsci e il senso di colpa associato ad essi.
Da un punto di vista sintomatologico, la cherofobia si esprime mediante manifestazioni di:
- ansia al pensiero di andare ad un evento sociale,
- rifiuto di opportunità che favoriscono cambiamenti di vita positivi a causa del timore che possa accadere in seguito qualcosa di brutto,
- rifiuto di partecipare ad attività che producono divertimento.
I cherofobici credono che esistano “… gradi di felicità sbagliati, tempistiche sbagliate per la felicità, modi sbagliati di perseguire la felicità e tipi sbagliati di felicità”(Gruber et al., 2011).
Molti degli individui che vivono questo tipo di esperienza non sono in grado di ricondurla ad un pensiero razionale, ma in generale ritengono la felicità come sbagliata, peccaminosa o come minimo superflua. Oltre a ciò, sono convinti che la felicità renda l’individuo maleducato, irresponsabile, poco attento, ingenuo e persino egoista. Inoltre, questi sostengono che provare il sentimento della gioia ha portato nella loro vita conseguenze negative.
Negli ultimi anni sono stati condotti studi importanti su questa condizione, in concomitanza con l’accrescersi dell’interesse per la psicologia positiva e del benessere. La felicità/gioia di cui parleremo è comunemente definita “edonica”, in quanto definibile da un susseguirsi di emozioni misurabili positive o negative, con le loro specifiche conseguenze. Questo sentimento è senz’altro un concetto personale e non, come si è sostenuto per molto tempo, un mero calcolo di alcuni fattori oggettivi anche se “alcune ricerche hanno mostrato come la felicità sia positivamente collegata ad alcuni fattori desiderabili, come il successo, la longevità, la pace, la democrazia, progresso economico e un comportamento attivo nei confronti della comunità” (Lyubomirsky et al., 2005, Oishi and Schimmack, 2010). Mohsen Joshanloo è uno dei maggiori studiosi dell’avversione alla felicità e nell’articolo “Predictors of aversion to happiness: New insights from a multi-national study” mette a confronto quanto sia effettivamente diffusa nelle varie culture. Egli ritiene che la cherofobia “una convinzione generale sulla misura in cui è razionale perseguire o evitare la felicità per se stessi o per la propria società, con diverse ragioni per evitare diverse relazioni personali con la felicità che contribuiscono cumulativamente alla forza di questa convinzione” (Joshanloo & Weijers, 2014). Nell’articolo, l’autore riesce a delineare alcuni importanti “predictors of aversion to happiness”: sesso, età, religiosità, perfezionismo, convinzione che esista il Karma, praticare o credere possibile l’esistenza della magia nera, solitudine, infanzia triste, impegno sociale (individui provenienti da società collettivistiche tendono a non essere cherofobici).
“Nonostante l’influenza della cultura sulla felicità sia ben documentata, alcuni studi hanno mostrato come la personalità influisca nella variabilità della felicità sia direttamente che indirettamente”(DeNeve and Cooper, 1998, Steel et al., 2008).Aron Adibe Agbo è uno psicologo nigeriano che nell’articolo del 2017 “Aversion to happiness and the experience of happiness: The moderating roles of personality” spiega come la personalità influenzi la paura della gioia, a partire dal “big five personality inventory”:
- Extraversion = estroversione. L’aspetto interpersonale comprende l’essere socievoli e affettuosi, mentre l’aspetto temperamentale riguarda la tendenza a sentirsi costantemente positivi. Gli estroversi sono intrinsecamente in grado di inibire gli ostacoli esogeni alla felicità. Di conseguenza, si ipotizza che più si è estroversi meno si è cherofobici (H1)
- Openess to experience = aperture a nuove esperienze. Questo tratto rigurda un atteggiamento proiettati verso l’azione e la novità, quindi più è sviluppato meno è probabile che si diventi cherofobici
- Agreeableness= accordabilità. Le persone che ottengono un punteggio elevato in questo tratto si orientano verso le associazioni di beneficenza e le buone cause. Dati gli elementi fondamentali di questo tratto e la proposta che la paura della felicità sia culturalmente richiesta, più si è propensi all’accordabilità più è probabile essere cherofobici (H2)
- Neuroticism= nevroticismo. Gli individui che ottengono un punteggio elevato in questo tratto valutano la coerenza nel provare emozioni negative in seguito a quelle positive. Livelli più elevati di nevroticismo aumenteranno la possbilità di essere cherofobici (H3).
- Conscientiousness = consapevolezza. Rappresenta la propensione a seguire gli ordini, ad agire dopo aver riflettuto a fondo e ad esibire livelli più elevati di autocontrollo, come il ritardo delle gratificazioni; livelli più elevati di coscienziosità aumenteranno la probabilità di essere cherofobici (H4).
Nel 2018, Joshanloo scrive l’articolo “Fear and fragility of happiness as mediators of the relationship between insecure attachment and subjective well-being”. Egli spiega come una costante esperienza di attaccamento ansioso e insicuro possa influire su quanto il soggetto si senta a suo agio a provare ed esprimere emozioni positive. Questi individui, infatti, percepiscono un bassissimo livello di controllo sulla loro vita ed essendo la gioia difficile da controllare viene evitata. In casi estremi non riescono a comprendere o reagiscono negativamente all’esternazione di gioia del partner (Mikulincer & Shaver, 2005).
Cosa fare se si è cherofobici? I trattamenti suggeriti includono la terapia cognitivo comportamentale, strategie di rilassamento, pratiche di accettazione e consapevolezza.
In conclusione, la cherofobia è un fenomeno psicologico rilevante che colpisce molte persone in tutto il mondo, ma che spesso passa inosservato. Questa paura della felicità può avere conseguenze profonde sul benessere emotivo e relazionale delle persone. Per affrontarla è importante educare noi stessi e gli altri sull’importanza delle relazioni sane e affettuose. Prendere coscienza della cherofobia è il primo passo per superarla. Siamo tutti chiamati a riflettere sulle nostre azioni e a promuovere un ambiente in cui la gentilezza, l’amore e la compassione siano incoraggiati e accolti.
Di Elisa Ambrisi
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