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Capita spesso di passare davanti alla vetrina di un bel negozio, probabilmente appartenente ad un marchio di alta moda e osservare borse, abiti e accessori bellissimi. La prima cosa che probabilmente si nota è che vengono esposti pochi prodotti – la vetrina, infatti, non è colma di articoli, ci sono pochi elementi ma ben selezionati e messi in risalto – ma soprattutto costosi. Sappiamo che sono costosi anche senza leggere il prezzo; a volte il prezzo non viene neanche esposto, perché è come se non servisse, come se fosse universalmente riconosciuto che quel particolare capo esposto valesse una cifra considerevole.
È riconosciuto che prodotti così costosi vengano quotidianamente acquistati e che molte persone scelgano di spendere un’importante somma di denaro per ottenerli nonostante, riflettendo razionalmente, l’oggetto in sé non valga materialmente tutto quel denaro. Perché, dunque, così tante persone sentono il bisogno o il desiderio di fare determinati acquisti? Come ci si potrebbe aspettare, le solite frasi come “è ricco”, “se lo può permettere”, non sono sufficienti a spiegare in modo esaustivo questo fenomeno, soprattutto dal momento che, in molti casi, ci sono mesi o addirittura anni di risparmio prima di una grossa spesa. Per esempio, ragazze disposte ad infiniti sacrifici e rinunce per poter acquistare una Birkin Bag, considerata un’oggetto quasi irraggiungibile, un sogno ad occhi aperti. Come si può spiegare, quindi, tutto questo?
È da sempre risaputo che il lusso agisca facendo leva sul concetto di status: una pochette firmata Louis Vuitton o un paio di tacchi Louboutin lanciano un chiaro messaggio sociale, un messaggio di prestigio, di valore, ma anche di distinzione: come persona appartenente a una categoria elitaria destinata a pochi privilegiati nella società. Come se le caratteristiche psicologiche e valoriali attribuite socialmente al prodotto si trasferissero per osmosi anche al suo possessore: però, perché? Dal punto di vista psicologico potremmo spiegare questo fenomeno facendo riferimento alla teoria di Lacan, il quale definisce il soggetto attraverso la sua “mancanza di essere” (Cimino, 2019): il soggetto esiste ma non ha alcuna essenza, di conseguenza non c’è nessuna risposta soddisfacente alla domanda “chi sono io?”. Un tentativo è quello di riformulare la domanda in questa forma “chi sono io per l’Altro?”. Nell’Altro, quindi, il soggetto trova un punto di riferimento e viene riconosciuto: abbiamo, dunque, bisogno dello sguardo di qualcun altro perché il nostro Io si costituisca. Il desiderio nasce proprio da questa mancanza fondamentale che si tenta di colmare attraverso le relazioni. In un certo senso, quindi, si potrebbe parlare di desiderio per l’Altro e desiderio di essere desiderato dall’Altro: tutti noi aspiriamo a stabilire una relazione con l’altra persona ma allo stesso tempo anche ad essere rispettati, venerati, osservati e soprattutto riconosciuti da essa, ed è qua che ci vengono in aiuto i consumi. È questo uno dei meccanismi alla base degli acquisti di lusso perché ci mostriamo all’Altro nel modo in cui vogliamo essere riconosciuti da lui, come persone importanti e di valore.
Tuttavia, si tratta di qualcosa che va oltre il nostro bisogno di colmare una mancanza interiore: il lusso stimola un meccanismo di dipendenza nei suoi confronti: il desiderio di possedere quel capo particolare si tramuta in bisogno. In questa dinamica la dopamina e il circuito del piacere giocano un ruolo fondamentale: gli acquisti di lusso, infatti, favoriscono il rilascio di dopamina e fungono così da segnale di ricompensa, creando in questo modo potenti associazioni fra gli stimoli ambientali, gli effetti della sostanza e le azioni che causano il rilascio di quest’ultima, proprio perché la dopamina è considerata una sorta di “valuta universale”, perfetta per misurare il potenziale – in termini di dipendenza – associato a qualsiasi esperienza. Tanto maggiore è la concentrazione di dopamina nel circuito di ricompensa del cervello, quanto più l’esperienza crea dipendenza (Lembke, 2021).
L’influenza che i beni di consumi hanno sul nostro apparato neurobiologico è stata evidenziata anche con l’effetto Veblen, che sottolinea come gli individui pongano in essere un processo di consumo ostentativo al fine di segnalare la propria ricchezza, il proprio potere e lo status di appartenenza (Aiello et Donvito, 2006). Grazie al valore sociale che hanno i consumi, l’aumentare del prezzo, in questo caso, porta ad un aumento anche della richiesta di beni che sono segni di distinzione e riconoscimento. Il motivo di fondo per cui acquistiamo prodotti di lusso è, quindi, per dimostrare qualcosa, è un segnale per tutti. Morgan Housel nel suo libro “La psicologia dei soldi” (2021) afferma che “è un’assurdità: vogliamo la ricchezza per segnalare agli altri che devono amarci e ammirarci. Ma in realtà spesso gli altri non ci ammirano affatto: non perché non pensino che la ricchezza sia ammirevole, ma perché usano la nostra ricchezza come fonte di ispirazione per il loro desiderio di piacere e di essere ammirati.” Questo significa che quando le persone vedono qualcuno con una bella auto, quello che pensano non è “wow quell’uomo è proprio figo”, ma piuttosto “wow se avessi quella macchina tutti direbbero che sono figo”. Peccato che, come sostiene l’autore, la vera ricchezza è nascosta, è quella che non si vede: se una persona spende duecentomila euro per una Lamborghini, quello che viene da pensare è che sia ricca e possa permetterselo, ma, in verità, l’unico indicatore che abbiamo a disposizione per valutare la sua ricchezza è che possiede duecentomila euro in meno di quanti ne aveva prima di comprare la macchina. Tendiamo a valutare la ricchezza in base a quanto vediamo ed è proprio a causa di questo bisogno delle persone di mostrare che sono ricche che, paradossalmente, perdono ricchezza.
Il lusso è, quindi, in un certo senso, un gioco psicologico: una competizione con un Altro astratto che ci spinge a mostrare sempre più valore o ricchezza ma di cui allo stesso tempo abbiamo bisogno per essere riconosciuti; ma anche un paradosso: sfoggiare un acquisto costoso ci può anche rendere più ricchi agli occhi degli altri ma, nella realtà dei fatti, siamo più poveri.
Di Emma Dalla Costa
emma.dallacosta@icatt.it
Bibliografia
Aiello, G. & Donvito, R. (2006). L’evoluzione del concetto di lusso e la gestione strategica della marca. Un’analisi qualitativa delle percezioni sul concetto, sulla marca e su un prodotto di lusso. Congresso internazionale “le tendenze del marketing”
Canali, S. (2017). Piacere, apprendimento, dipendenze. Psicoattivo, retrived from www.psicoattivo.com ROI Edizioni
Cimino, C. (2019). Le origini del riconoscimento nella costruzione del soggetto. Lacan con Winnicott. Filosofie del riconoscimento
Housel, M. (2021). La psicologia dei soldi, lezioni senza tempo sulla ricchezza, l’avidità e la felicità. Hoepli editore
Lembke, A. (2021). L’era della dopamina: come mantenere l’equilibrio nella società del “tutto e subito”.

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