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A quanti di noi è capitato di aprire il telefono, andare su un qualsiasi social e guardare delle “Stories”. Magari, siamo fuori con degli amici, e, nonostante le possibili conversazioni che potremmo intrattenere con chi ci sta accanto, desideriamo sapere cosa stanno facendo gli altri, dove sono, con chi sono, cercando di immaginare tutto ciò che in una foto non riusciamo a vedere.
In effetti, a volte siamo più interessati a vedere le “storie” degli altri piuttosto che a vivere la nostra, che spesso sentiamo non essere abbastanza, in un continuo confronto con uno schermo che, la maggior parte delle volte, non farà altro che mostrarci un contenuto distante dalla realtà. Il punto, però, non è tanto ritenere che distorcere la realtà sia giusto o sbagliato, morale o meno; quanto più prendere consapevolezza che sempre più persone sperimentano quella che McGinnis nel 2004 sulla rivista “The Harbus” della Harvard Business School ha definito “FOMO”: “Fear of Missing Out”.
Con questo fenomeno, infatti, ci si riferisce alla “paura di essere tagliati fuori” e, quindi, di conseguenza, l’essere continuamente alla ricerca di connessioni che possano alleviare questa forma d’ansia. Queste vengono ricercate attraverso una perenne presenza sui social che viene definita “nomofobia”, ovvero “la paura di rimanere sconnessi”. Quante volte non possiamo fare a meno di guardare continuamente le notifiche sul nostro telefono per la preoccupazione continua che gli altri stiano facendo qualcosa di più interessante di noi? Tutto questo insieme di fattori ci porta spesso a sperimentare un senso di ansia che non fa altro che rendere sempre più forte la necessità di prendere il telefono e guardare la storia altrui perdendo il focus su ciò che invece stiamo facendo.
Alla base della FOMO si trovano il bisogno di affiliazione e quello di approvazione. Rispetto al primo, le connessioni ci fanno credere di essere parte di un gruppo e di star costruendo dei legami significativi. Per quanto riguarda il secondo, i social favoriscono l’idea di dovere costruire un’immagine di sé che possa piacere e che accumuli consensi. Per questa ragione, i contenuti social tendono a mostrare solo gli aspetti positivi della persona e della sua vita. Sembra di essere circondati da persone che raggiungono sempre i loro traguardi, che sono costantemente felici, che fanno esperienze eccezionali; questo può generare un senso di insicurezza, la sensazione di non essere o di non star facendo abbastanza. Forse, dovremmo fermarci per cercare di metterci delle lenti che vadano oltre al modo con cui gli altri mettono in mostra il loro mondo e che cerchino, invece, di cogliere la complessità che spesso ci sfugge, talmente presi dall’ansia di non perdersi nulla della vita degli altri, quasi come se l’aver visto ci rendesse partecipi e, quindi, meno soli.
Un approccio teorico che cerca di spiegare il fenomeno del “non sentirsi soli” e la FOMO (Fear of Missing Out) è la “Self-Determination Theory”. Questa teoria si basa sul concetto di autodeterminazione, intesa come la sensazione di avere il controllo sulla propria vita e sulle proprie scelte. Secondo questa prospettiva, l’autoregolazione si fonda su tre elementi chiave: la competenza, ossia la capacità di agire efficacemente nel mondo; l’autonomia, ovvero la capacità di prendere iniziative personali e di sentirsi liberi nelle proprie decisioni; la relazionalità, intesa come il bisogno di costruire e mantenere relazioni significative con gli altri. Quando questi tre bisogni fondamentali sono soddisfatti, l’individuo sviluppa una buona regolazione comportamentale, riducendo così il rischio di sperimentare la FOMO.
Ciò che unisce questi tre elementi è il concetto di “valore”. Quando diamo valore a ciò che facciamo, ci impegniamo di più e sviluppiamo il desiderio di essere competenti in quell’ambito; allo stesso modo, quando ci riconosciamo del valore, siamo in grado di compiere delle scelte, con la consapevolezza di riuscire ad affrontarne i rischi e le conseguenze derivanti; anche nelle relazioni quando pensiamo che abbiano valore, ci fanno sentire parte di un rapporto che possa alleviare la solitudine che si trova in ognuno di noi. Se fossimo in grado di riconoscerci e di riconoscere il valore della nostra storia, forse, saremmo meno inclini al continuo confronto con gli altri. La continua visione delle storie altrui, paradossalmente, accentua la FOMO, poiché l’essere consapevoli di tutte le situazioni che gli altri stanno vivendo e a cui noi non stiamo partecipando, esacerba la credenza di star venendo “tagliati fuori” che innesca, a sua volta, un circolo vizioso di ansia, solitudine e senso di inadeguatezza.
Le conseguenze della FOMO sono di tre tipi: psicologiche, fisiologiche e sociali. Quelle psicologiche riguardano l’alta correlazione tra FOMO e livelli maggiori di ansia, ansia sociale e depressione. Tali disturbi condizionano ogni aspetto della vita del paziente, causando spesso disagio e insicurezza. Quelle fisiologiche, invece, riguardano prevalentemente l’alterazione del sonno. Il ripetuto uso del telefono prima di andare a dormire influenza la nostra capacità di addormentarci, diminuendo la qualità del nostro sonno e contribuendo all’alterazione dei ritmi circadiani. Rispetto agli aspetti sociali, la FOMO influenza sia la sfera lavorativa che quella accademica a causa delle continue distrazioni alle quali siamo sottoposti dal cellulare.
La terapia si è rivelata essere un ottimo strumento per ridurre e contrastare la FOMO. Gli orientamenti teorici ritenuti efficaci in quest’ambito sono quello psicodinamico, quello cognitivo comportamentale e quello sistemico relazionale. Ulteriori strumenti utili per ridurre la FOMO sono: le tecniche di mindfulness, che permettono al paziente di concentrarsi sul qui e ora aumentando la consapevolezza di sé; e il “journaling”, che consiste nel mettere per iscritto ciò che apprezziamo dalla nostra vita, focalizzandoci su di noi piuttosto che sugli altri.
In conclusione, sarebbe meglio tenessimo a mente che, spesso, ciò che vediamo è influenzato dal modo in cui guardiamo il mondo e da come e cosa gli altri decidono di mostrare. In questo modo potremmo comprendere meglio la realtà in cui siamo immersi e riconoscere quando il confronto con gli altri non è più un occasione di arricchimento personale ma una fonte di malessere.
Di Edoardo Cancellieri
edo05cance@gmail.com
Sitografia
- https://www.serenis.it/articoli/fomo-la-paura-di-rimanere-fuori-cose-e-3-modi-per- combatterla/
- https://www.stateofmind.it/2022/05/fomo-internet-meta-analisi/
- https://festivalpsicologia.it/argomenti/fomo-fear-of-missing-outhttps://www.ipsico.it/news/la-paura-di-essere-disconnessi-cosa-e-la-fear-of-missing-out-fomo/
- https://www.wired.it/article/fomo-sindrome-cos-e-spiegazione-sintomi/
- https://www.stateofmind.it/2020/06/social-network-fomo/
- https://www.stateofmind.it/2022/01/social-media-fomo-stalking/

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