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«La bellezza di Parthenope è così potente che ti confonde, ti rende cieco a tutto il resto.»
Questa frase, pronunciata da uno dei protagonisti nel nuovo film di Paolo Sorrentino, “Parthenope” (Sorrentino,2024), riassume con una verità disarmante il nucleo centrale dell’opera, dove la città di Napoli non è solo il palcoscenico di una storia, ma diventa personaggio stesso, personificando la bellezza che acceca, seduce e, talvolta, distrugge. Parthenope, figura mitologica che incarna la città, è vista attraverso il prisma della sua bellezza, così magnetica da spingere i protagonisti in un turbinio di emozioni, in un gioco di seduzione e persuasione che tocca le corde più intime della psicologia umana.
Napoli, con la sua luce dorata, il mare che sembra accarezzare la città in un abbraccio eterno, le strade impregnate di storia e passione, è da sempre un luogo che affascina e inquieta. Nel film di Sorrentino, però, Napoli non è solo paesaggio fisico: è una sorta di archetipo psicologico, un’immagine mentale che assume le sembianze di Parthenope, una bellezza incontaminata che si fa regina e traghettatrice di destini. Come una sirena che con il suo canto incanta e disarma, Parthenope diventa il simbolo di una bellezza che non si lascia dominare, che costringe chi la osserva a confrontarsi con la propria fragilità e vulnerabilità.
La psicologia ci insegna che la bellezza ha un potere straordinario nel modulare le nostre percezioni, e nel film di Sorrentino, questo potere viene amplificato in maniera struggente (Eysenck, 2006). La bellezza di Parthenope non è mai statica, è una forza viva che penetra nei pensieri e nelle emozioni dei protagonisti, costringendoli a compiere scelte dettate più dall’impulso che dalla razionalità. In effetti, la bellezza può essere intesa come uno degli strumenti più potenti di persuasione, poiché agisce a livello psicologico su meccanismi profondi e automatici (Cialdini, 2007)
Quando una persona si trova di fronte a qualcosa di oggettivamente bello, il nostro cervello non si limita ad apprezzare esteticamente l’oggetto, ma innesca una serie di reazioni che vanno ben oltre il semplice giudizio visivo. La bellezza innesca un processo psicologico che risveglia il nostro senso di piacere e gratificazione, creando un legame emotivo con ciò che vediamo. In psicologia, si parla di “effetto Halo”(Reber e Reber, 1997), per descrivere il fenomeno secondo cui la percezione positiva di un aspetto di una persona o di un oggetto influenza favorevolmente anche il giudizio sugli altri suoi aspetti. Nel caso della bellezza di Parthenope, il paesaggio diventa l’incarnazione perfetta di questa dinamica: l’armonia e la perfezione visiva della città non solo generano una sensazione di piacere estetico, ma fanno emergere in chi osserva un desiderio di connessione, di partecipazione, di immersione in un’esperienza che sembra trascendere la realtà quotidiana.
La bellezza, quindi, innesca un meccanismo psicologico che rende l’individuo più recettivo alle influenze esterne, trasformando ciò che inizialmente appare come una semplice osservazione in un processo di persuasione (Cialdini, 2007). Non si tratta semplicemente di attrazione visiva ma, di un processo che attiva il nostro desiderio di condivisione e appartenenza. Nel film, la città di Napoli non è solo un luogo da ammirare, ma un soggetto che richiede di essere posseduto, compreso, vissuto. La bellezza di Parthenope agisce quindi come un potente “filtro” che modifica le decisioni dei protagonisti, spingendoli a intraprendere strade che altrimenti non avrebbero mai considerato.
Il tema della persuasione in “Parthenope” si interseca perfettamente con l’idea che la bellezza, in tutte le sue forme, abbia il potere di trasformare la nostra realtà interiore. La persuasione, nel suo senso psicologico più profondo, non agisce mai come una semplice imposizione o come un atto di convinzione conscia, ma si insinua lentamente nelle pieghe della nostra mente, alterando le nostre emozioni e il nostro modo di interpretare ciò che accade (Hatfield & Rapson, 2009). Parthenope, con la sua bellezza, esercita una persuasione che non è esplicitamente dichiarata, ma che agisce in modo silenzioso e sottile. Essa non chiede il consenso, ma lo conquista attraverso l’incanto. È una bellezza che non si impone, ma che trasforma.
Quando una persona è colpita dalla bellezza di un luogo, di un oggetto o di una persona, entra in gioco il principio psicologico della “compliance”, che si riferisce alla tendenza naturale dell’individuo ad allinearsi con ciò che lo attrae o lo affascina (Zajonc, 1975). La bellezza non solo aumenta il desiderio di partecipazione, ma amplifica la percezione di gratificazione emotiva che deriva dall’associazione con quell’oggetto di ammirazione. “Parthenope” infatti, induce una sorta di “adesione” psicologica che porta i protagonisti del film a un cambiamento interiore, a una trasformazione profonda che non può essere separata dal fascino irresistibile della città stessa. La bellezza diventa così un veicolo di persuasione che modifica i confini tra soggetto e oggetto, tra realtà e desiderio.
In questo processo, la bellezza agisce come una forma di comunicazione non verbale, che non si limita a toccare il sensibile, ma entra nell’intimo del desiderio e del comportamento umano. Non è un inganno ma una rivelazione. È come se la bellezza, attraverso la sua perfezione, offrisse un modello ideale che il nostro cervello, in modo automatico, tende a desiderare e a ricercare (Eysenck, 2006).
La psicologia della persuasione, quindi, si intreccia indissolubilmente con il potere della bellezza, che, lungi dall’essere una mera questione estetica, diventa un campo di battaglia per l’anima umana, dove il desiderio, la razionalità e le emozioni si fondono e si confondono. In questo modo, “Parthenope” ci offre una riflessione profonda non solo sulla bellezza in sé, ma sulla sua capacità di trasformare e persuadere, in modo sottile ma inevitabile, chiunque si trovi a contatto con essa.
Di Sara Scuri
sascu04@gmail.com
Bibliografia:
- Sorrentino Paolo “Parthenope”, film 2024.
- Cialdini, Robert B. “Le armi della persuasione: Come e perché si riesce a influenzare gli altri”, 2007.
- Eysenck, Michael W. “Psicologia della personalità”, Il Mulino, 2006.
- Hatfield, Elaine, e Richard L. Rapson. “Emotions and Social Behavior”, Cambridge: Cambridge University Press, 2009.
- Reber, Arthur S., e Emily Reber. “Dizionario di psicologia”, Torino: Bollati Boringhieri, 1997.
- Zajonc, Robert B. “Emotion and Facial Efference: A Theory Revisited.” “Scientific American”, vol. 232, no. 1, 1975, pp. 38–47.

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