Costruire un’inclusione reale
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Parlare di autismo e scuola significa descrivere una situazione di equilibri sottili, sfide educative e relazioni complesse. L’inclusione scolastica di alunni con bisogni comunicativi, relazionali e comportamentali specifici è una sfida complessa, ma imprescindibile per una scuola davvero aperta a tutti. Non si tratta solo di un diritto riconosciuto, ma di un percorso educativo che chiama in causa l’intera comunità scolastica: insegnanti, famiglie, educatori e professionisti della salute. Nonostante i notevoli progressi normativi e culturali degli ultimi decenni, l’inclusione concreta è ancora un traguardo da costruire giorno per giorno, con strumenti, alleanze e sguardi capaci di accogliere le differenze: l’educabilità di tutti non rappresenta un miraggio, ma qualcosa di perseguibile e scientificamente sostenibile.
Marco Pontis, esperto di pedagogia speciale all’Università di Bolzano, ha sintetizzato in modo chiaro ed efficace le principali linee guida operative nel suo libro “Autismo a scuola: cosa fare (e cosa no)” (2020). Secondo Pontis, per costruire un’inclusione efficace serve un linguaggio condiviso tra tutti gli adulti che ruotano attorno al bambino: quando manca un approccio comune, ogni figura tende ad agire per conto proprio, rischiando di offrire risposte frammentarie o inefficaci. È quindi fondamentale costruire reti educative solide, in cui ogni adulto si senta parte attiva di un progetto condiviso. È bene considerare la scuola quale comunità educante, in cui ciascun docente può “fare la differenza”, intercettando non solo le disabilità riconosciute, ma anche i bisogni educativi speciali legati a difficoltà transitorie, discriminazioni, o fragilità emotive. L’inclusione non è affare esclusivo degli insegnanti di sostegno, ma una responsabilità condivisa da tutto il personale scolastico, dalle famiglie e dai terapisti. Un altro aspetto chiave è l’osservazione individualizzata: non esistono “strategie per l’autismo” valide per tutti. Esiste invece una persona specifica, con il proprio modo di funzionare, che deve essere accolta con attenzione e rispetto. Ogni bambino ha un proprio modo di funzionare, e le strategie educative non possono essere uguali per tutti: il punto di partenza deve essere sempre un’accurata osservazione, che consenta di comprendere le abilità, le difficoltà, gli interessi e le necessità specifiche di ciascun alunno. Solo così si può costruire un Piano Educativo Individualizzato (PEI) efficace, che non si limiti a rispondere alla diagnosi, ma che tenga conto della persona nella sua interezza. La guida dedica spazio anche al “cosa non fare”, ponendo l’accento sull’importanza di evitare interventi che, pur in buona fede, rischiano di essere inutili o persino dannosi: ad esempio, non bisogna considerare patologici comportamenti che derivano da un diverso modo di percepire e interagire col mondo. Spesso si tenta di correggere comportamenti che appaiono “strani”, senza fermarsi a comprenderne il significato. Nell’ elenco intitolato “10 cose +1”, vengono presentati alcuni aspetti fondamentali che ogni insegnante – e più in generale ogni adulto – dovrebbe conoscere per relazionarsi in modo più consapevole verso l’autismo. Tra i punti messi in evidenza, emerge che i bambini autistici provano emozioni profonde, anche se spesso le manifestano in modi diversi rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare. Non vivono affatto “in una bolla”, ma al contrario hanno bisogno di ambienti accoglienti, anche dal punto di vista sensoriale, che li aiutino a sentirsi al sicuro e compresi. È importante anche ricordare che l’autismo ha origini neurobiologiche: non è causato da carenze affettive familiari e non si “supera” con la crescita. Non si tratta infatti di una malattia da curare, ma di una condizione, un modo diverso di essere e percepire il mondo. In questo contesto, viene sottolineato quanto sia fondamentale, per chi svolge un ruolo educativo, unire all’amore e alla passione anche una solida formazione e competenze specifiche, affinché ogni bambino possa essere accolto e valorizzato nella sua unicità
Un altro contributo importante su questo tema arriva da Lucio Cottini, docente all’Università di Udine, che nel volume “L’autismo a scuola. Quattro parole chiave per l’integrazione” (2021), individua gli elementi essenziali per un’inclusione efficace: progettazione, organizzazione, didattica speciale e coinvolgimento dei compagni.
- Progettazione significa costruire un percorso educativo personalizzato, flessibile e sostenibile, che tenga conto dei bisogni del singolo. Ma non basta adattare il bambino al contesto: è il contesto che deve cambiare per diventare accogliente e funzionale.
- Organizzazione riguarda la gestione degli spazi, dei tempi e delle risorse. Gli alunni autistici traggono grande beneficio da ambienti ordinati e prevedibili, che li aiutino a orientarsi e a sentirsi sicuri. Disorganizzazione e confusione generano stress e ostacolano l’apprendimento.
- Didattica speciale significa usare metodologie alternative e su misura. Ogni alunno autistico è diverso: serve una didattica flessibile, basata su strategie cognitive, comunicative e sociali che si adattino ai suoi bisogni, evitando schemi rigidi.
- Coinvolgimento dei compagni è l’ultimo, ma non meno importante, elemento. I pari non sono spettatori passivi, ma possono diventare preziosi alleati nel processo di inclusione. Lavorare sulla socializzazione, sull’empatia e sulla cooperazione è fondamentale per costruire un clima di classe accogliente.
Entrambi i testi stimolano riflessione sull’importanza di promuovere una cultura della neurodiversità, essenziale per superare pregiudizi ancora presenti nella scuola e nella società. È importante riconoscere che espressioni ancora oggi diffuse, come “handicappato”, “affetto da autismo” o “alunno H”, risultano inadeguate e stigmatizzanti, poiché contribuiscono a una visione distorta e patologizzante della disabilità. Il linguaggio conta: usare le parole corrette rappresenta già un atto educativo.
In conclusione, sia il lavoro di Marco Pontis che quello di Lucio Cottini offrono contributi significativi per comprendere come rendere la scuola un luogo inclusivo. È un processo continuo che richiede il coinvolgimento di tutti: non è sufficiente comprendere l’autismo, è necessario costruire alleanza tra insegnanti, famiglie, educatori e compagni di classe. Occorre un’educazione trasversale alle emozioni, alla consapevolezza di sé e all’accettazione delle differenze, alla cooperazione fin dalla scuola dell’infanzia: la didattica inclusiva non ha età. Insegnare non può significare solo trasmettere contenuti disciplinari, ma accompagnare ogni alunno nel proprio percorso di crescita. Con la giusta formazione, una progettazione attenta e una consapevolezza condivisa, è possibile costruire un ambiente educativo che rispetti e valorizzi le differenze, consentendo a ogni alunno di esprimere al massimo il proprio potenziale. E tutto può partire da uno sguardo più aperto, da parole più giuste, da una didattica davvero pensata per tutti.
Camilla Villa
camillavilla.psi@gmail.com
IBLIOGRAFIA
- Cottini, L. (2021). L’autismo a scuola: quattro parole chiave per l’integrazione. Carocci.
- Pontis, M. (2020). Autismo a scuola: cosa fare (e cosa no). Una guida pratica per insegnanti e non solo. Erickson.

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