Effetto passante e molestie in luogo pubblico: conoscere per intervenire appropriatamente

Tempo di lettura: 8 minuti

Kitty Genovese viene uccisa con tre coltellate il 13 marzo del 1964. Stava tornando a casa dal lavoro, erano le tre del mattino a New York e le sue grida di aiuto hanno svegliato diversi vicini, 38 secondo un resoconto iniziale, i quali non sono intervenuti in alcun modo per 45 minuti dall’inizio dell’aggressione finché qualcuno si è deciso a chiamare la polizia; era troppo tardi e Genovese morì. Anche se analisi successive hanno contestato la dichiarazione del New York Times sui 38 testimoni, le persone che hanno sentito le urla della vittima e anche intravisto l’aggressione furono molteplici ed ognuna di loro è rimasta inattiva durante l’intero omicidio (Cook, 2014; Pelonero, 2014).

La storia di Kitty Genovese ha sollevato molte domande sul perché i vicini della ragazza non avessero fatto nulla per aiutarla e così sono nate numerose ricerche per studiare il modo in cui le persone si comportano in situazioni di emergenza e mettono in atto comportamenti di aiuto. Latané e Darley, due psicologi sociali, hanno scoperto attraverso diversi esperimenti che la presenza di altri spettatori riduceva nel 90% dei casi l’intervento delle persone in situazioni di aiuto (Latané & Nilda, 1981; Stalder,2008). Il termine coniato è stato quello di “effetto passante”: maggiore è il numero degli spettatori, minore è la probabilità che uno di loro intervenga.

C’è una situazione che incrocia la vita quotidiana di tutti noi, in cui è probabile che ci facciamo “spettatori occasionali”: quella delle molestie sessuali. Stand Up, un programma di formazione studiato per prevenire le molestie in luoghi pubblici, promosso da L’Oréal Paris in collaborazione con l’ONG Right To Be, riporta sul proprio sito che l’80% delle donne sono state vittime di molestie in luogo pubblico e solo il 25% dice di aver ricevuto aiuto. Lo stesso programma segnala tra le principali motivazioni di non aiuto il fatto che nessun altro agisca. Capire perché in queste situazioni tendiamo all’indifferenza, perché più aumenta il numero di spettatori, minore è la possibilità che agiremo, permette di essere più consapevoli di ciò che sta accadendo dentro e attorno a noi, ci fornisce delle azioni alternative che possano direzionare il nostro comportamento e cambiare il corso degli eventi. Questa è la forza della psicologia: essa è veicolo di cambiamento sociale in quanto, come sottolinea Gergen (1973), non offre semplicemente delle descrizioni dei fenomeni interessati ma contiene delle indicazioni circa i comportamenti più adeguati; i costrutti psicologici non sono neutri e il racconto che facciamo del comportamento umano ha un impatto su di esso, quindi lo modifica.

Rispetto all’effetto passante, alcune ricerche hanno mostrato che “quando le persone sanno perché la presenza di spettatori occasionali inibisce le offerte di aiuto, diventano più inclini a prestare aiuto in situazioni di gruppo” (Myers et al., 2019, p.467). Vediamo quindi quali fasi del processo decisionale che porta le persone ad intervenire o meno hanno individuato Latané e Darley e come queste possono prendere forma rispetto al fenomeno delle molestie in luoghi pubblici.

Innanzitutto le persone devono accorgersi dell’evento e interpretarlo come un’emergenza: dobbiamo capire che siamo di fronte ad una situazione anomala. StandUp sottolinea che un altro motivo per cui le persone non intervengono di fronte ad una molestia è il fatto che questa venga interpretata come un gesto innocuo: la cultura sessista e patriarcale in cui viviamo agisce una costante normalizzazione della violenza di genere, interiorizzata da ognuno ed ognuna di noi. Quante persone credono ancora che ricevere un fischio per strada sia un complimento? “Ogni volta che si è davanti a un comportamento indesiderato verbale, non verbale e/o fisico di natura sessuale, si tratta di molestia. Tra le altre molestie in luoghi pubblici troviamo: sfiorare “accidentalmente”, pretendere sorrisi, fare complimenti allusivi, palpeggiare, invadere lo spazio di una persona, spingere o strofinare il corpo, fare battute sessiste e allusioni sessuali o scrivere scritte sessiste e offensive” (Cornell Survey Project, 2015). Le molestie mettono sempre a disagio chi le subisce e “quando assistiamo a molestie senza intervenire, amplifichiamo il trauma della vittima” (ibidem).

È fondamentale andare oltre l’ambiguità della situazione: se abbiamo un dubbio, qualcosa ci sembra non quadrare, fermiamoci un attimo, diamoci il tempo di raccogliere informazioni su ciò che sta accadendo; stare un poco nel disagio di quell’ambiguità può cambiare un pezzo della storia di una persona. Ma non solo, in questa fase un altro ostacolo all’intervento è l’“ignoranza pluralistica”, che consiste nell’ignorare che gli altri pensino e sentino ciò che pensiamo noi; ognuno di noi utilizza il comportamento degli altri come indizio per interpretare la realtà e se siamo preoccupati ma le persone attorno a noi ci sembrano calme, può essere che penseremo che in fondo non deve essere un’emergenza. Ricordiamo che spesso le nostre emozioni e i nostri pensieri (e quelli degli altri) sono meno evidenti di quanto crediamo!

La seconda fase consiste nell’assumersi la responsabilità della situazione valutata come emergenza. Succede però che quando siamo in un contesto di gruppo la responsabilità ad agire tende a diffondersi tra più persone, diminuendo la motivazione personale ad attivarsi. Si parla di “diffusione di responsabilità”, è la classica situazione in cui un professore fa una domanda alla classe, tutti pensano “risponderà qualcun altro” ma intanto nessuno alza la mano. Inoltre arrivati a questa fase, chi decide di agire può temere di porsi in qualche modo in una posizione ridicola di fronte agli altri, in parte per la paura di aver interpretato male la situazione e in parte se si pensa di non avere le competenze adatte ad intervenire, il termine psicologico è “inibizione da pubblico”. Agire non è facile, ma fare lo sforzo di superare le proprie insicurezze può davvero fare la differenza in queste situazioni, oltretutto, intervenire può assumere diverse forme, alcune delle quali possono metterci più a nostro agio di altre, la scelta è nostra.

Riguardo la percezione di competenza rispetto alle molestie in luogo pubblico, StandUp fornisce una breve formazione gratuita sulle strategie approvate dagli esperti che possono essere implementate da qualsiasi persona testimone di un gesto di molestia in luogo pubblico. Lo definiscono il metodo delle 5D’s di Right To Be e, in sintesi, le 5D’s sono:

  • DISTRARRE: si può fingere di essere un/una amico/a, chiedere l’ora…creare qualsiasi distrazione!
  • DELEGARE: se si preferisce non intervenire in prima persona, e a volte questa può essere la scelta più sicura, si può trovare qualcuno che abbia una qualche autorità e chiedergli di intervenire, può essere il barista, il conducente dell’autobus, il bodyguard…
  • DOCUMENTARE: testimoniare, annotare o filmare la molestia può essere utile; è importante ricordare di dare i documenti alla vittima e non postarli mai online o usarli senza il suo consenso!
  • DARE SOSTEGNO: confortare la vittima dopo la molestia, sottolineando la scorrettezza di ciò che è accaduto e il fatto che non abbia colpe, può dare un grosso aiuto a chi subisce questo tipo di violenza;
  • DIRE: quando si è certi di essere al sicuro e di non mettere ulteriormente in pericolo la vittima, parlare direttamente a chi molesta può prevenire la violenza…rimane essenziale non lasciare sola la persona molestata e darle attenzione dopo essere intervenuto/a.

A seconda della situazione, una strategia può essere più adatta dell’altra, e così si può passare alla terza fase: implementare la decisione e fornire aiuto. Ci sono diversi fattori che intervengono anche in questa fase, come le pressioni temporali, la somiglianza con la vittima, il suo status, se è una persona razzializzata o meno, se si pensa che ciò che accade sia colpa e responsabilità della vittima…preme sottolineare che, dal momento che nella gran parte dei casi chi molesta è uomo e le vittime sono donne (ISTAT, 2018), attivarsi di fronte ad una molestia in luogo pubblico in quanto uomo o donna implicano dinamiche di potere molto diverse: è fondamentale assicurarsi sempre di sentirsi al sicuro prima di intervenire.

Le molestie in luogo pubblico sminuiscono il valore delle donne e degli uomini che le subiscono e quando non interveniamo mostriamo a chi compie la molestia che il suo comportamento è accettabile, ma le molestie non sono mai accettabili, sono sempre gravi e se non è responsabilità delle vittime reagire, è responsabilità di ognuno di noi provare a costruire un mondo libero dalle molestie; la conoscenza psicologica può darci una mano nel farlo.

Di Letizia Viganò

letizia.vigano00@gmail.com

Note

Qui il link al sito di StandUp, in cui è possibile svolgere sia la formazione per quando si è testimoni di molestie in luogo pubblico, sia per quando si è vittime delle stesse: https://www.standup-international.com/it/it/

Qui il link al sito dell’ONG Right to Be, che “lavora per un modo libero dalle molestie e ricco di umanità”: https://righttobe.org/

BIBLIOGRAFIA

Cook, K. (2014). Kitty Genovese: The murder, the by-standers, the crime that changed America. New York: Norton.

Gergen, K. J. (1973). Social psychology as history. Journal of Personality and Social Psychology, 26(2), 309-320

ISTAT (2018). Report statistico https://www.istat.it/it/files/2018/02/statistica-report-MOLESTIE-SESSUALI-13-02-2018.pdf?title=Molestie+sessuali+sul+lavoro+-+13%2Ffeb%2F2018+-+Testo+integrale+e+nota+metodologica.pdf

Latané, B., & Nilda, S. (1981). Ten year of research on group size and helping. Psychological Bulletin, 89, 308-324.

Livingston, B., Cornell University ILR School, Grillo M. & Paluch R. (2015).

Myers, D. G., Twenge, J. M., Marta, E. & Pozzi, M. (2019). Psicologia Sociale. Milano: McGraw-Hill Education.

Pelonero, C. (2014). Kitty Genovese: A true account of a public murder and its private consequences. New York: Skyhorse.

Stalder, D. R. (2008). Revisiting the issue of safety in numbers: The likelihood of receiving help from a group. Social influence, 3, 24-33.

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