Trascuratezza e Istituzionalizzazione: il “Bucharest early intervention project”

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Tra le diverse forme di maltrattamento si inserisce la trascuratezza o neglect, l’assenza di un caregiver responsivo nella vita di un minore. Tale mancanza può compromettere interamente il percorso di sviluppo del bambino, per cui è necessario attenzionare tali situazioni e intervenire precocemente. Numerosi studi hanno dimostrato come l’orfanotrofio, oltre al contesto familiare, possa essere considerato un ambiente potenzialmente trascurante. 

La trascuratezza è attualmente considerata la prima forma di maltrattamento per incidenza e quella, a volte, più difficile da individuare. Essa può essere di tipo fisico, medico, educativo e psicologico. Quest’ultima forma si riferisce al mancato soddisfacimento dei bisogni emotivi e relazionali del bambino, come il bisogno di sicurezza, di protezione e di connessione affettiva. La sua assenza può compromettere in modo significativo la traiettoria di sviluppo del minore. 

Fin dai primi mesi, lo scambio relazionale con il caregiver è ciò che permette al bambino di acquisire nuove conoscenze e abilità cognitive, sociali ed affettive. Tale scambio viene definito come “serve and return interactions”, un’interazione in cui il bambino “lancia” un segnale al caregiver il quale lo “riceve” e risponde in maniera congruente, adeguata alla richiesta, e contingente, in un tempo ravvicinato, al bisogno comunicato dal bambino. Attraverso questo meccanismo l’infante apprende che ci sono delle regolarità nell’ambiente e che ad un’azione corrisponde una conseguenza,  ad esempio: “Se piango, la mamma mi abbraccia”; costruisce una relazione con il genitore e, attraverso l’imitazione di quest’ultimo, getta le basi per lo sviluppo delle sue abilità di regolazione delle emozioni. 

L’assenza di questa relazione, la trascuratezza, può compromettere lo sviluppo a trecentosessanta gradi. Tra le possibili conseguenze si osserva la presenza di deficit cognitivi, difficoltà nella relazione con gli adulti e con i coetanei, difficoltà nella gestione delle emozioni, iper o ipo attivazione allo stress, possibili sintomatologie internalizzanti, come depressione o ansia, e esternalizzanti, come aggressività. È interessante notare come, a causa dell’esposizione prolungata allo stress dovuto alla trascuratezza, nel tempo possano manifestarsi anche delle alterazioni a carico del sistema immunitario, cardiocircolatorio, e respiratorio. Nella prima infanzia il bambino non ha gli strumenti necessari per fronteggiare da solo lo stress, per cui si affida totalmente al genitore. Di conseguenza, nei casi di trascuratezza, l’assenza di sostegno fa si che il minore si trovi in uno stato di attivazione, dovuto al cortisolo, per un tempo prolungato. Ciò obbliga l’organismo a modificarsi per poter fronteggiare questo tipo di minacce, generando le alterazioni citate. 

Oltre al contesto familiare, la trascuratezza sembrerebbe presente anche all’interno degli orfanotrofi. Ciò accade a causa delle caratteristiche strutturali di questi contesti. Essi risponderebbero sufficientemente bene ai bisogni fondamentali dei bambini a discapito di quelli psicologici ed educativi. Le caratteristiche organizzative di questi contesti non favorirebbero lo sviluppo di relazioni stabili e durature che possano replicare le “serve and return interactions”. In particolare, la turnazione degli educatori e le diverse risposte che vengono date ai bambini rispetto ai loro bisogni da adulti sempre diversi nelle caratteristiche e nella modalità di risposta non permetterebbero ai bambini di avere un’immagine solida della realtà relazionale che li circonda. Inoltre, rispetto ai bisogni educativi, in alcuni casi queste strutture non offrono degli stimoli adeguatamente differenziati per fascia di età e ciò penalizza lo sviluppo. 

Uno degli studi più significativi rispetto alla trascuratezza nei contesti istituzionalizzati è il “Bucharest Early Intervention Project (BEIP)”. Lo studio si propone di esaminare gli effetti dell’istituzionalizzazione precoce sullo sviluppo del cervello e del comportamento, nonché di analizzare l’impatto dell’affido come intervento di recupero per i bambini in orfanotrofio. 

Gli obiettivi del BEIP consistono nel cercare di capire se i bambini cresciuti in un contesto trascurante possono recuperare le abilità socio-cognitive e affettive tramite l’affido, se possono raggiungere in entrambi i domini delle performance comparabili ad una popolazione di controllo composta da bambini cresciuti in un contesto protetto; se ci sono dei limiti al recupero e quali fattori possono facilitarlo. 

Lo studio comprende due gruppi sperimentali: il primo composto da bambini cresciuti in orfanotrofio e il secondo da bambini assegnati a delle famiglie affidatarie. In più, è presente un gruppo di controllo composto da bambini cresciuti in un contesto familiare ordinario. Sono state testate attraverso delle batterie di test le abilità cognitive, emotive, sociali e affettive in diversi momenti dello sviluppo (30, 42, 54 mesi; 8 e 12 anni). È stato tenuto in considerazione quanto è durata l’esperienza di trascuratezza e a che età i bambini del secondo gruppo sono stati inseriti nelle famiglie affidatarie. In questo modo, è stato possibile verificare se questi aspetti temporali avessero un’influenza o meno sul recupero. 

Prima dell’inserimento, i bambini del secondo gruppo presentavano dei deficit in quasi tutte le abilità citate precedentemente. Tuttavia, i risultati dei diversi monitoraggi erano incoraggianti. Già dopo 30 mesi è stato riscontrato un recupero considerevole di tutte le abilità. Inoltre, rispetto al fattore temporale, sembrerebbe che prima avviene l’inserimento in una famiglia affidataria, maggiore è la probabilità che il recupero sia più completo. Rispetto all’attaccamento, i bambini in affido hanno manifestano delle forme di attaccamento sicuro, invece alcuni bambini istituzionalizzati hanno sviluppato pattern di attaccamento disorganizzato mentre altri non sono riusciti a consolidare alcuna forma di attaccamento con gli educatori, sintomo di una forte trascuratezza. 

Tale studio ha monitorato e continua a monitorare lo sviluppo dei partecipanti. I monitoraggi condotti a 8 e 12 anni evidenziano i benefici in termini di benessere generale del rimanere all’interno della famiglia affidataria. In più, è stato recentemente dimostrato come l’affido precoce abbia degli effetti a lungo termine. In adolescenza, i pattern di attaccamento sicuri permangono nel gruppo in affido. Al contrario, si riscontrano le stesse problematiche di disorganizzazione negli adolescenti cresciuti in orfanotrofio.  

I risultati metterebbero in luce come i primi due anni di vita del bambino siano fondamentali per garantire una traiettoria di sviluppo più tipica possibile. È in questo lasso di tempo che è necessario intervenire con delle esperienze relazionali  correttive, in questo caso l’affido, per arginare gli effetti della trascuratezza e garantire il più possibile il benessere del bambino. 

Ciò che lascia un senso di amaro è che il primo gruppo di bambini non ha avuto la possibilità di sperimentare gli effetti dell’affido e, alla luce dei risultati, sarebbe stato ideale che anche loro potessero beneficiarne. Inoltre, dobbiamo tenere in considerazione che non tutti gli affidi o le adozioni hanno esiti positivi. In alcuni casi, la famiglia affidataria potrebbe rivelarsi non adatta, potrebbe esserci forte tensione e conflittualità. Adozione e affido sono due condizioni complesse, ricche di possibilità, che presentano dei compiti di sviluppo specifici che non verranno approfonditi in questa sede. 

In conclusione, ogni esperienza può influenzare la traiettoria di sviluppo di una persona. Inoltre, lo stesso avvenimento sperimentato da persone diverse può avere esiti differenti. È, quindi, importante prestare attenzione alla singola situazione. In casi di trascuratezza conclamata, sarebbe opportuno venissero attivati degli interventi precoci per poter tutelare il più possibile il benessere e il percorso di crescita del minore. 

Giulia Colombo

giulia.colomb048426@gmail.com

Bibliografia 

Zeanah, C. H., Nelson, C. A., Fox, N. A., Smyke, A. T., Marshall, P., Parker, S. W., & 

Koga, S. (2003). Designing research to study the effects of institutionalization on brain and behavioral development: the Bucharest Early Intervention Project. Development and psychopathology, 15(4), 885–907. https://doi.org/10.1017/s0954579403000452

The Science of Neglect – Center on the Developing Child at Harvard University. 

(2025, March 18). Center on the Developing Child at Harvard University. https://developingchild.harvard.edu/resources/working-paper/the-science-of-neglect-the-persistent-absence-of-responsive-care-disrupts-the-developing-brain/

Valenza, E., & Turati, C. (2019b). Promuovere lo sviluppo della mente. Un approccio neurocostruttivista.

Sitografia 

https://www.bucharestearlyinterventionproject.org/

https://www.bucharestearlyinterventionproject.org/about-beip

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