ORTORESSIA: QUANDO CONTA LA QUALITÀ E NON LA QUANTITÀ

Tempo di lettura: 4 minuti

Ogni giorno ci troviamo sommersi da scaffali ricolmi di biscotti, ricettari e trasmissioni culinarie dove il cibo è incoronato padrone indiscusso; la grande, e talvolta eccessiva, quantità di cibo che abbiamo a disposizione fa sì che la condizione corporea più desiderabile paradossalmente sia quella di un fisico, oltre che sano, anche asciutto, magro e atletico. In questo scenario caotico e confusivo si fanno strada sempre più comunemente innumerevoli pratiche alimentari restrittive, quali le diete vegetariane, vegane, macrobiotiche, crudiste… dove l’obiettivo ultimo è il “mangiar sano”. Avere una corretta alimentazione è fondamentale per vivere una vita salutare, ma come in ogni cosa è necessaria la moderazione per mantenere l’equilibrio, quando l’attenzione per il cibo sano è portata all’eccesso questo non può che incrinarsi.

Nel 1997 è il dietologo americano Steven Bratman che ci parla per la prima volta di ortoressia,  termine deriva dall’unione di due parole greche, orthos cioè corretto o sano e oreksis, cioè appetito; questa identifica l’ossessione che alcune persone hanno verso il consumo di cibi sani. L’ortoressia è un disturbo in forte espansione ma ancora poco conosciuto e molto ambiguo, tanto che nel DSM-5 non trova ancora spazio come disturbo indipendente, ma risulta essere inglobato nel “Disturbo Evitante/Restrittivo dell’assunzione di cibo”.

Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, in Italia circa 300.000 persone soffrono di ortoressia e, diversamente da quanto accade per gli altri disturbi alimentari, sembrerebbe esserci una maggiore incidenza negli uomini (11.3% uomini, 3.9% donne).

Tra i criteri diagnostici maggiormente considerati per diagnosticare l’ortoressia troviamo un’eccessiva preoccupazione relativa alla qualità del cibo, tanto che ricette, ingredienti e tabelle nutrizionali vengono minuziosamente lette, rilette e studiate per ore; inoltre troviamo anche la presenza di distress e risposte emotive disfunzionali. L’ortoressico inizia a preferire i cibi biologici, senza zuccheri, senza grassi, senza conservanti, fino a restringere l’alimentazione a pochissimi cibi, mettendo a rischio la propria salute a causa della malnutrizione dovuta a squilibri nutrizionali. L’estrema rigidità che accomuna gli ortoressici gli porta ad essere non solo controllanti e severi nei confronti di se stessi, ma anche tremendamente critici e disprezzanti nei confronti di coloro che hanno abitudini alimentari differenti; questo incrementa il circolo vizioso della malattia, che porta l’ortoressico ad essere sempre più isolato e lontano dalla convivialità che la tavola rappresenta.

Per la misurazione dell’ortoressia il primo strumento è stato messo a punto da Bratman e Knight, con la Bratman Ortorexia Test (BOT), mentre in Italia si utilizza la scala ORTO-15 di Donini et al. che fa uso di una Scala Likert a 4 passi ed è composta da 15 item riguardanti le abitudini e le scelte alimentari, la preparazione, l’acquisto e il consumo del cibo

Non è possibile ignorare la vicinanza dell’ortoressia con l’anoressia, in entrambe vi è un maniacale controllo che ricade nella perdita del controllo stesso, vi è un’aspirazione al perfezionismo e la tendenza a rifiutare alcune tipologie di cibo. Se nell’anoressia il focus è sulla quantità di cibo e vi è una forte paura di ingrassare, al contrario nell’ortoressia il focus si sposta sulla qualità del cibo e la paura riguarda la salute del proprio corpo. Gli ortoressici desiderano più essere puri e sani, piuttosto che magri (Capolongo, 2017). Da altri studi risulta essere evidente il forte legame con il DOC, Disturbo ossessivo compulsivo, spesso ci sono pensieri intrusivi e ricorrenti che riguardano la purezza del cibo o lo stato di salute del proprio corpo.

Caratteristica comune a molti ortoressici è anche quella di praticare molta attività sportiva, talvolta troppa, con il medesimo obiettivo di mantenere uno stile di vita sano e impeccabile. Quello che più colpisce dell’ortoressia è il suo intrinseco paradosso: esasperando l’idea di farsi del bene, si ricade in una condizione di pericolo. Il cibo ci permette di vivere, il cibo è vita, ma è necessario avere la consapevolezza del fatto che la vita non è solo cibo.

Di Margherita Pietrobon

marghe.pietrobon@gmail.com

BIBLIOGRAFIA

Barucca M., Dettori M., Garano C. (2016). Ortoressia e vigoressia: due nuove forme di fanatismo? Cognitivismo Clinico, 13, 1, 185-200.

Bratman S. (1997). Health food junkie. Yoga Journal, 8, 42-50.

Capolongo M. (2017). Come viene considerata l’ortoressia nervosa? Il dibattito controverso sulla definizione. State of Mind.

Donini LM, Marsili D, Graziani MP, Imbriale M, Cannella C. (2004). Orthorexia Nervosa: a preliminary study with a proposal for diagnosis and an attempt to measure the dimension of the phenomenon.Eat Weight Disord, 9, 151-7.

Donini LM, Marsili D, Graziani MP, Imbriale M, Cannella C. (2005). Orthorexia Nervosa: validation of a diagnosis questionnaire. Eat Weight Disord, 10, 28-32.

Ganci A. (2015). Ortoressia: quando mangiare sano fa ammalare. State of Mind.

Mulatti C, Novara C, Pardini S, Pastore S. (2017). Ortoressia Nervosa: un’indagine del costrutto e delle caratteristiche psicometriche della versione italiana dell’Eating Habits Questionnaire-21(EHQ-21). Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale.

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