La prevenzione non-farmacologica del declino cognitivo

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Una condizione ampiamente indagata dai professionisti neuropsicologi è il declino delle funzioni cognitive. Il crescente interesse verso tale tematica scaturisce dai dati che annualmente si registrano e dalle previsioni che ne derivano. Ad oggi, sono 55 milioni le persone che manifestano una forma di demenza e, con l’aumentare della popolazione anziana, si stima che nel 2050 possano essere 139 milioni, ovvero più del doppio (Organizzazione Mondiale della Sanità, 2021).

Associata all’avanzare dell’età, la demenza consiste in un progressivo declino delle abilità cognitive. In una fase iniziale, si riscontrano moderati deficit di cognizione e memoria che non impattano particolarmente sul funzionamento quotidiano. Con il peggiorare della condizione clinica, emergono notevoli difficoltà a carico delle funzioni esecutive che ostacolano lo svolgimento di compiti e attività. Infine, nella fase più avanzata, la demenza comporta alterazioni dell’umore e della personalità così come disfunzioni a livello relazionale (Christie et al., 2017). In riferimento alla sua manifestazione, gli esperti del settore sostengono che vi siano numerosi fattori di rischio: quelli non modificabili sono l’età, l’etnia, il sesso e la familiarità, quelli modificabili sono invece il diabete, i traumi cranici, lo stile di vita e l’educazione (Norton et al., 2014).

Considerando l’aumento progressivo dei casi di demenza e gli effetti che essa comporta, numerosi studi hanno esplorato possibili forme di prevenzione distinguendo tra approccio farmacologico e non-farmacologico. Attualmente, il primo implica elevati costi ed effetti indesiderati senza tuttavia garantire una buona prevenzione. Il secondo, invece, è non invasivo, accessibile e dai risultati incoraggianti (Klimova, Valis & Kuca, 2017). L’approccio di prevenzione non-farmacologico considera dunque abitudini e comportamenti che, in virtù della neuroplasticità cerebrale, possono favorire il buon funzionamento di neuroni e recettori sinaptici: per esempio, l’esercizio fisico, una corretta alimentazione, alcune pratiche di meditazione, l’ascolto della musica e il training cognitivo. Anzitutto, (1) l’esercizio fisico contribuisce alla salute cardiovascolare, che sembrerebbe associata ad un incremento della neuro- e sinapto-genesi così come della connettività cerebrale. Alcuni studi hanno persino registrato un aumento del volume ippocampale e un miglioramento delle funzioni mnestiche (Zheng, et al., 2016). (2) Un’alimentazione sana, che preveda una maggiore assunzione di grassi polinsaturi essenziali (es. Omega 3) rispetto a quelli saturi, favorisce numerose funzioni sinaptiche potenziando il linguaggio, la memoria e l’attenzione (Lövdén, Xu, & Wang, 2013). Similmente la (3) meditazione incrementerebbe la capacità attentiva, la vigilanza e le funzioni esecutive, comportando una maggiore velocità nel processare le informazioni e una più efficiente inibizione dei distrattori interni ed esterni (Prakash et al., 2010). La (4) musica implica un’elevata attivazione cognitiva, richiamando ricordi della persona e stimolando entrambi gli emisferi cerebrali. Per ottenere effetti positivi sul funzionamento neuropsicologico, la ricerca evidenzia la necessità di praticare musicoterapia ascoltando brani per sé significativi. D’altra parte, chi suona uno strumento integra abilità motorie, mnestiche e diverse funzioni esecutive, favorendo dunque la neuroplasticità e riducendo significativamente la probabilità di manifestare deficit cognitivi con l’avanzare dell’età (Balbag, Pedersen, & Gatz, 2014). Infine, (5) il training cognitivo concerne il potenziamento di numerose abilità attraverso specifiche attività e mediante l’esercizio su prove e compiti cognitivi. Se praticato con costanza e frequenza, esso promuove miglioramenti in molteplici domini, quali la memoria, l’attenzione, il ragionamento verbale e visuo-spaziale (Lövdén, Xu, & Wang, 2013).

Pare evidente come tali attività non promuovano solamente il benessere fisico della persona ma anche quello psicologico, in termini di funzionamento cerebrale. Ferma restando la necessità di ulteriori studi e approfondimenti, la comunità scientifica ritiene che uno stile di vita così caratterizzato possa prevenire il declino cognitivo (Whitty et al., 2020). L’approccio non-farmacologico ha dunque un elevato potenziale preventivo, motivo per cui occorre che sia diffuso e considerato entro i numerosi programmi di sensibilizzazione e prevenzione della demenza.

Di Filippo Tonon

filippo.tonon@hotmail.it

BIBLIOGRAFIA

Balbag, M. A., Pedersen, N. L., and Gatz, M. (2014). Playing a musical instrument as a protective factor against dementia and cognitive impairment: a population-based twin study. Int. J. Alzheimers Dis.

Christie, G. J., Hamilton, T., Manor, B. D., Farb, N. A., Farzan, F., Sixsmith, A., Temprado, J-J. & Moreno, S. (2017). Do lifestyle activities protect against cognitive decline in aging? A review. Frontiers in aging neuroscience9, 381.

Klimova, B., Valis, M., & Kuca, K. (2017). Cognitive decline in normal aging and its prevention: a review on non-pharmacological lifestyle strategies. Clinical interventions in aging12, 903.

Lövdén, M., Xu, W., & Wang, H. X. (2013). Lifestyle change and the prevention of cognitive decline and dementia: what is the evidence? Current opinion in psychiatry26(3), 239-243.

Norton S, Matthews FE, Barnes DE, Yaffe K, Brayne C. Potential for primary prevention of Alzheimer’s disease: an analysis of population-based data. Lancet Neurol. 2014;13(8):788–794.

Prakash, R., Dubey, I., Abhishek, P., Gupta, S. K., Rastogi, P., and Siddiqui, S. V. (2010). Long-term vihangam yoga meditation and scores on tests of attention. Percept. Mot. Skills 110, 1139–1148.

Whitty, E., Mansour, H., Aguirre, E., Palomo, M., Charlesworth, G., Ramjee, S., Poppe, M., Brodaty, H., Kales, H. C., Morgan-Trimmer, S., Nyman, S. R., Lang, I., Walters, K., Petersen, I., Wenborn, J., Minihane, A. M., Ritchie, K., Huntley, J., Walker, Z., & Cooper, C. (2020). Efficacy of lifestyle and psychosocial interventions in reducing cognitive decline in older people: Systematic review. Ageing research reviews62, 101113.

Zheng, G., Xia, R., Zhou, W., Tao, J., and Chen, L. (2016). Aerobic exercise ameliorates cognitive function in older adults with mild cognitive impairment: a systematic review and meta-analysis of randomised controlled trials. Br. J. Sports Med. 50, 1443–1450.

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