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Nel mondo, un’eccezionale dotazione intellettiva è comunemente considerata un fenomeno affascinante e accostato a innumerevoli successi. Ciò è probabilmente dovuto alle singolari qualità dell’individuo plusdotato e al prezioso contributo che egli può dare alla società in termini generativi. Tuttavia, in determinate condizioni, non è raro che l’elevato potenziale si assopisca o si disperda.
In ambito internazionale, la comunità scientifica adotta il termine “gifted” per designare l’individuo che mostra, o ha il potenziale per mostrare, una performance eccezionalmente elevata in uno o più domini (abilità intellettiva generale, arti visive e dello spettacolo, specifica attitudine accademica, pensiero creativo, capacità di leadership, abilità psicomotoria) se confrontato con membri del medesimo ambiente, aventi la stessa età ed esperienza (Pedron, Polezzi, Re, & Ronchese, 2016). Nonostante si stimi che i soggetti ad alto potenziale cognitivo siano circa il 5% della popolazione scolastica, le scienze psicologiche hanno scarsamente indagato tale fenomeno, determinando così frequenti misdiagnoses (“diagnosi errate”) e missed diagnoses (“diagnosi mancate”) (Zanetti, 2017). Il limitato interesse verso questa tematica rischia di rendere invisibile il disagio che gli individui plusdotati possono sperimentare durante la crescita. Difatti, diversamente da ciò che suggerirebbe il senso comune, è dimostrato che possedere un elevato Quoziente Intellettivo (QI) non è garanzia di successo nella vita né è sinonimo di giftedness (“plusdotazione” nel contesto italiano): un alto QI (in particolare ≥ 130) può solo suggerire la probabile presenza di una plusdotazione e tuttavia non esclude problematiche emotive, relazionali e sociali (Pfeiffer, 2015).
In particolare, secondo i professionisti del settore, alcune caratteristiche riscontrate nei gifted potrebbero costituire fattori di rischio in termini di disadattamento psicosociale: l’eccessivo perfezionismo, l’estrema sensibilità ai conflitti interpersonali, l’ipereccitabilità (psicomotoria, intellettiva, emotiva e sensoriale) ma anche le pressioni e aspettative irrealistiche degli adulti di riferimento (genitori e insegnanti) (Zanetti, 2017). A questi si aggiunge frequentemente l’isolamento sociale, dovuto al fatto che il bambino plusdotato considera banali gli interessi dei coetanei e tende a preferire la compagnia degli adulti rischiando di non costruire una valida rete sociale (Ambrosini et al., 2016). Inoltre, lo sviluppo dei gifted è spesso asincrono, ovvero disarmonico, soprattutto tra il livello cognitivo (superiore alla sua età) ed emotivo (allineato all’età). In altre parole, il bambino sarebbe in grado di trattare argomenti di elevata complessità ma non di gestirli emotivamente essendo ancora immaturo a tale livello (Lucangeli, 2019). Infine, data l’iperdotazione, è possibile che il gifted sia poco interessato alle attività scolastiche e raggiunga ottimi risultati con minimo impegno, almeno in un primo momento. È quindi probabile che non sviluppi un metodo di studio e non conosca il fallimento. Di conseguenza, con l’aumentare delle richieste scolastiche, lo studente plusdotato potrà andare incontro a numerosi insuccessi senza saperne tollerare la frustrazione (Winebrenner, 2012). È la condizione dei cosiddetti “gifted underachievers”: individui che presentano un sottorendimento scolastico (e in molti casi drop out) nonostante dispongano di un eccezionale potenziale cognitivo (Siegle, 2018). Va comunque sottolineato che tale fenomeno è molto più complesso di come si è descritto e deriva dalla convergenza di diverse variabili interne ed esterne (per un approfondimento, si rimanda a Mofield & Peters, 2019).
Nonostante i bambini plusdotati condividano diverse caratteristiche (e.g. creatività, curiosità, eccezionale memoria, ampio vocabolario), essi rappresentano un gruppo notevolmente eterogeneo per cui non esiste un intervento universalmente valido (Ritchotte, Rubenstein, & Murry, 2015). Pertanto, è necessario individuare le risorse, i bisogni e le fragilità del singolo gifted e poi elaborare un intervento personalizzato (Pfeiffer, 2013). In ambito educativo, è possibile ad esempio offrire un curriculum avanzato (accelerazione), organizzare corsi/attività stimolanti (arricchimento), condensare gli apprendimenti in periodi più brevi (compattazione), strutturare approfondimenti rispetto all’argomento proposto alla classe (estensioni) (Lucangeli, 2016). D’altra parte, la famiglia va solitamente sostenuta nel comprendere la condizione del figlio e nel gestire le difficoltà quotidiane. Per tale motivo, il parent training risulterebbe particolarmente adattato alle esigenze dei genitori (Lucangeli, 2019).
Nonostante la breve e certamente non esauriente trattazione, è chiara la necessità di attenzionare la popolazione gifted: l’iperdotazione non è sinonimo di successo e nemmeno una condizione stabile, piuttosto è un potenziale che richiede di essere riconosciuto e sostenuto affinché non si disperda (Zanetti, 2017). L’intervento precoce è quindi necessario per lo sviluppo della società, in quanto il potenziale inespresso è uno spreco di risorse umane, ma soprattutto doveroso nei confronti dell’individuo plusdotato, il cui benessere è considerato preminente. Valorizzare il potenziale è compito della psicologia, come affermano Seligman e Csikszentmihaly (2000, p.7):
“La psicologia non è solo lo studio della patologia, della debolezza e del danno; è anche lo studio della forza e della virtù. Il trattamento non è solo riparare ciò che è rotto, è nutrire ciò che è migliore”
Di Filippo Tonon
filippo.tonon@hotmail.it
Bibliografia
Ambrosini, M., Faleri, E., Gallimberti, F., Pedron, M., Polezzi, D., Re, A., & Ronchese, M. (2016). Gli studenti ad alto potenziale cognitivo (Gifted Students). In D. Lucangeli (a cura di), Manuale Operativo. Interventi e strategie per l’Alto Potenziale Cognitivo (pp.22-34). Vicenza: Centro Produttività Veneto.
Lucangeli, D. (a cura di) (2016). Manuale Operativo. Interventi e strategie per l’Alto Potenziale Cognitivo. Vicenza: Centro Produttività Veneto.
Lucangeli, D. (a cura di) (2019). Gifted. La mente geniale. Firenze: Giunti Scuola.
Mofield, E., & Parker Peters, M. (2019). Understanding Underachievement: Mindset, Perfectionism, and Achievement Attitudes Among Gifted Students. Journal for the Education of the Gifted, 42(2), 107–134.
Pedron, M., Polezzi, D., Re, A., & Ronchese, M. (2016). Intelligenza e alto potenziale: teorie e modelli. In Lucangeli, D. (a cura di), Manuale Operativo. Interventi e strategie per l’Alto Potenziale Cognitivo (pp.17-27). Vicenza: Centro Produttività Veneto.
Pfeiffer, S. I. (2015). Essentials of Gifted Assessment. Hoboken: Wiley & Sons.
Pfeiffer, S. I. (2013). Serving the gifted: Evidence-based clinical psycho-educational practice. New York: Routledge.
Ritchotte, J., Rubenstein, L., & Murry, F. (2015). Reversing the Underachievement of Gifted Middle School Students: Lessons From Another Field. Gifted Child Today, 38(2), 103–113.
Seligman, M. E. P., & Csikszentmihalyi, M. (2000). Positive psychology: An introduction. American Psychologist, 55(1), 5–14.
Siegle, D. (2018). Understanding underachievement. In S. I. Pfeiffer (a cura di), Handbook of Giftedness in Children (pp. 285–297). Cham, Switzerland: Springer.
Winebrenner, S. (2012). Teaching gifted kids in today’s classroom. Minneapolis: Free Spirit Publishing.
Zanetti, M. A. (a cura di) (2017). Bambini e ragazzi ad alto potenziale. Una guida per educatori e famiglie. Roma: Carocci Faber.
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