Emotional Eating

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Oggigiorno viviamo in un mondo che pare stia andando verso la strada dell’ecologia, della riduzione dei consumi, dell’inquinamento e, in generale, della sostenibilità economica e sociale. In questo panorama, molti individui stanno attuando cambiamenti nel loro stile di vita, in modo da seguire una corretta alimentazione che non preveda uso di cibi-spazzatura e, soprattutto, sprechi, per andare di pari passo a questa vera e propria evoluzione.

Diversi studi, però, hanno affermato che, a causa della pandemia, vi è stato l’aumento addirittura del 30% dei ragazzi con disturbi alimentari.

Avete mai sentito parlare di DCA? I Disturbi del Comportamento Alimentare si sono diffusi a partire dalla seconda metà del 1900 come un’epidemia sociale, ovvero un disturbo tipico di una cultura, di cui esprimono angosce profonde e problemi irrisolti.

Con il corso degli anni sono cambiati i canoni di bellezza ed è aumentata la difficoltà di accettazione del proprio corpo, soprattutto tra gli adolescenti.  La cultura del comportamento alimentare è sottovalutata e può portare a gravi conseguenze non solo a livello medico, ma anche a livello psicologico e sociale. Innanzitutto, il cibo non è solo nutrimento per la sopravvivenza, ma è anche una scelta identitaria, un regolatore di emozioni e un gesto d’amore. La Psicologia non si occupa di fornire piani alimentari, ma si occupa di comprendere cosa spinge un individuo a non adottare uno stile di vita sano. Più nello specifico, ci occuperemo del perché una persona mangia anche quando non ne ha bisogno fisiologicamente, quando non sente di avere fame. Per fame si intende quella sensazione che si prova, attraverso una serie di avvertimenti, quando il nostro corpo ci informa che c’è bisogno di energia. Spesso non si mangia per fame fisiologica ma si utilizza il cibo come soluzione ai nostri problemi.

L’emotional eating è un comportamento che si assume quando al cibo viene data la responsabilità di alleviare il nostro stress, colmare i nostri vuoti, ma tutto ciò spesso comporta un ulteriore malessere, un senso di colpa, una situazione fisica che degenera. Spesso si scambia la fame fisica con la fame emotiva, ma esistono ci sono alcuni indizi che ci aiutano ad individuarla e a controllarla. La fame fisica interviene quando nel corpo c’è un deficit di energia ed è quindi un segnale che richiede di introdurre carboidrati, grassi e proteine, al fine di andare incontro a tale necessità. La fame emotiva si presenta improvvisamente e richiede dei cibi ben specifici, solitamente “cibi spazzatura” o “comfort food”, e spinge l’individuo a mangiare in maniera disordinata. Si presenta come un desiderio che parte dalla testa, che va oltre il senso di sazietà e che richiama subito dopo un senso di colpa e pensieri giudicanti.

Utilizzare il cibo per compensare delle emozioni negative è un’azione che può avvenire delle volte, ma bisogna comprenderne la frequenza, le modalità e la consapevolezza mediante cui questo avviene. Esiste una nuova pratica per aumentare la consapevolezza in queste situazioni ed è chiamata Mindful Eating: si sceglie un oggetto e, ogni volta che la mente inizia a viaggiare senza freno, si riporta l’attenzione ad esso in modo da comprendere che ci si può rapportare alle emozioni in modo controllato, senza esserne sopraffatti. Questa pratica, quindi, permette di far caso non solo a cosa, a quanto e quando mangiamo, ma anche di osservare come gli stati d’animo influiscano sulle abitudini alimentari: il focus non è solo il cibo, ma il rapporto con esso. In questo contesto, il ruolo dello psicoterapeuta è fondamentale: la situazione viene affrontata a partire dal disagio psicocorporeo, con l’obiettivo di trovare un’integrità complessiva tra corpo e mente e un rapporto più ponderato con le emozioni.

Ciò che si sviluppa nel paziente è una forte scissione tra corpo e mente e, in tal senso, il terapeuta lo accompagna in un percorso in cui ricercare un’unità tra i due, che si trova proprio nelle emozioni, territorio ostile per il paziente che impara ad usarlo in modo funzionale. Il terapeuta, inoltre, aiuta il paziente a migliorare l’autostima e le relazioni interpersonali e a sviluppare un rapporto di alleanza con il proprio corpo.

Di Marcella Fiorentino

marcellafiorentino99@gmail.com

Sitografia

Fame Emotiva & Mindful Eating

http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/15318/842979-1229216.pdf?sequence=2

Fame emotiva: impariamo a conoscere il circolo vizioso della abbuffate emotive

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