Sesso e disabilità: un connubio che è ancora tabù

Tempo di lettura: 4 minuti

Forse non tutti sanno che il mese di luglio è riconosciuto come “Disability pride month”, dedicato alla comunitàdisabile. È quindi più che mai l’occasione per sollevare la propria voce contro tutte le forme di discriminazione e pregiudizio contro i disabili (abilismo) che ancora, purtroppo, connotano la nostra società. L’abilismo può manifestarsi in forma tanto esplicita quanto implicita e riguardare ogni sfera della vita dell’individuo. Se oggi tante barriere “fisiche” (non tutte, purtroppo) sono state abbattute, nella mente permangono a livello più o meno consapevole numerosi stereotipi, uno dei più significativi è quello che attiene alla sessualità delle persone disabili. 

La prima definizione della disabilità (OMS, 1980) si basava su modelli puramente medici, ponendo l’accento sul malfunzionamento e sulla patologia della persona. Successivamente, l’ICIDH (Classificazione delle Menomazioni, delle Disabilità e dell’Handicap) presentato dall’OMS nel 1997 ha considerato il tema in un’ottica più complessa, non totalizzante, che interpreta la disabilità come una delle tante difficoltà che possono interessare l’individuo.L’handicap viene visto come svantaggio sociale, spostandoquindi il focus sull’organizzazione della società contemporanea e sulla responsabilità dell’ambiente di vita (Di Cristofaro, 2021). Ma se il disabile è una persona completacon pari diritti e dignità, è chiaro come anche il percorso di formazione della propria identità sessuale e la conoscenza del proprio corpo debbano essere garantiti anche a chi non abbia lo stesso livello di funzionalità rispetto ad una “norma”. È difficile, tuttavia, liberarsi dei pregiudizi sul “diverso” – in ogni sua forma –, soprattutto quando si ha a che fare con un tema, la sessualità, che è già di per sé un tabù

Esiste, a livello sociale, un preconcetto secondo cui un corpo attraente e perfettamente funzionante sia conditio sine qua nonper lo sviluppo di una sessualità; per questo motivo, necessità naturali quali l’essere toccati diventano temi scabrosi, disturbanti e scomodi quando riferite a corpi “non conformi” (Di Cristofaro, 2021; Ulivieri, 2014). Si attivano quindi dei meccanismi di difesa come negazione e rimozione, tentativi di rifiutare e cancellare problemi che ci creano disagio o non sappiamo come gestire (Villa, 2020). Altri pregiudizi alimentano l’incredulità verso il desiderio sessuale del disabile: spesso viene considerato un “eterno bambino” da proteggere o un “angelo asessuato”, estraneo a bisogni e istinti primordiali ma del tutto naturali della specie umana, privo di qualunque desiderio; in altri casi, il disabile è visto come ipersessuale e promiscuo, potenzialmente pericoloso (Villa, 2020; Carmelitano, 2021). A fronte di ciò, ad esempio, alcuni genitori possono ignorare completamente il tema dell’educazione sessuale, o fornire delle spiegazioni parzialio addirittura false, con il rischio che, entrando nella pubertà e nell’età adulta, il figlio venga a contatto con questa realtà da solo, senza conoscenze e con una bassa autostima (McKenzie, 2013). Questi ultimi sono, per chiunque, fattori che aumentano il pericolo di abuso, ma i disabili sono doppiamente a rischio, in quanto i perpetratori di violenza sono convinti di rimanere impuniti alla luce della presunta inferiorità della vittima (McKenzie, 2013; Carmelitano, 2021). Esistono anche alcune sindromi rare – come la sindrome di Williams – caratterizzate da inibizione sociale ed estrema amichevolezza verso gli adulti, accompagnate da un fenotipo che consente comunque di raggiungere la maturità genitale: senza un’adeguata educazione sessuale, il rischio di sfruttamento è evidente (Molinari, 2013). Vedere negata la propria sessualità può anche dare luogo ad agiti che conducono allo sviluppo di un’affettività caotica o gravidanze precoci e/o indesiderate (McKenzie, 2013). 

Come si può intervenire, allora, per colmare questo gap educativo? Innanzitutto, occorre fare un distinguo fra disabilità fisica e mentale. Un handicap fisico può essere presente alla nascita o manifestarsi a seguito di una menomazione: se non vi è deficit cognitivo, l’individuo è perfettamente in grado di esercitare la propria libertà sessuale in piena coscienza. La perdita di un arto, ad esempio, non comporta la perdita del proprio desiderio e diritto alla sessualità – nonostante gli impedimenti fisici più o meno limitanti – quindi, allo stesso modo, chi nascesse con disabilità fisiche avrebbe ugualmente diritto di ricevere un’educazione sessuale completa, che includa la conoscenza del proprio corpo, delle malattie sessualmente trasmissibili e delle visite mediche necessarie (ad esempio esami ginecologici). Nel caso di disabilità cognitive gravi, invece, può darsi che emergano comportamenti sessuali inappropriati e che un’educazione sessuale “standard” non sia la strada migliore da percorrere. Bisogna comunque tenere presente che lo sviluppo relazionale, affettivo e sessuale sono percorsi che riguardano ogni individuo, non secondari: la comprensione dell’emotività propria e altrui non si costruisce nel vuoto e per “intuizione”, ma necessita di apprendimento, sin dalle prime fasi dell’esistenza (Ninotti, 2017). Qualunque bambino deve essere preparato per l’ingresso nell’età adulta, con i modi e i tempi che il suo livello di funzionalità consente.

Indipendentemente dalle possibilità di autodeterminazione della persona, ogni individuo – disabile o meno – ha diritto a ricevere tutte le informazioni utili per esercitare la propria sessualità liberamente. Diventare consapevoli, a livello personale e sociale, dei propri pregiudizi inconsci su sesso e disabilità è fondamentale per ideare percorsi di educazione all’affettività e sessualità pertinenti e personalizzati, che tengano conto delle diversità e dei bisogni specifici. In una parola, equi

Stefania Toniolo 
stefania.toniolo01@icatt.it

Bibliografia e sitografia

Carmelitano, T. (2021). Sessualità e disabilità, connubio intriso di stereotipi e pregiudizi. One Global Voice. https://oneglobalvoice.it/diritto-internazionale/sessualita-e-disabilita-connubio-intriso-di-stereotipi-e-pregiudizi/.

Di Cristofaro, H. (2021). Sessualità e disabilità, una questione ancora sommersa. IJN, Italian Journal of Nursing. https://italianjournalofnursing.it/sessualita-e-disabilita-una-questione-ancora-sommersa/.

McKenzie, J. A. (2013). Disabled people in rural South Africa talk about sexuality. Culture, Health & Sexuality, 15(3), 372–386.

Molinari, E. (2013). Clinica psicologica in sindromi rare: Aspetti generici e riabilitativi (2nd ed.). Bollati Boringhieri.

Ninotti, O. (2017). Sessualità e affettività nella disabilità cognitiva e complessa. AIAS di milano Onlus. https://aiasmilano.it/sessualita-e-affettivita-nella-disabilita-cognitiva-e-complessa/.

Organizzazione Mondiale della Sanità (1980), ICDH. International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps. A Manual of Classification Relating to Consequences of Disease, Ginevra. 

Organizzazione Mondiale della Sanità (1997), ICIDH-2International Classification of Impairments, Activities andPartecipation. A manual of dimensions of disablement and functioning, Ginevra.

Ulivieri, M. (2014). LoveAbility l’assistenza sessuale per le persone con disabilità. Erickson

Villa, D. M. (2020). Sessualità: l’argomento tabù della disabilità. Coach Familiare. https://coachfamiliare.it/sessualita-largomento-tabu-disabilita/.

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