QUANDO LA POLITICA SI DEFINISCE IMMORALE?

Tempo di lettura: 8 minuti

Gli individui sono parte integrante dei diritti umani internazionali. Senza la mobilitazione degli individui, le istituzioni e le campagne per i diritti umani sono private dell’energia e del materiale che alimentano il loro successo.

Seguendo il campo di studio della filosofia del diritto, le situazioni in cui il diritto diviene immorale sono quelle in cui il diritto coinvolge situazioni di vita personale e privata degli individui: corpo, relazioni e progetti di vita (Canale, 2017).

Niente di più attuale, nel 2021.

Tutte queste questioni politiche, soprattutto nel mondo occidentale, sollecitano e parlano alle aree primitive del cervello, responsabili dell’attivazione del meccanismo di lotta e fuga, che ci permette di arginare vergogna, disgusto, rabbia e colpa e lavorano a favore dell’istinto di sopravvivenza. I mass media tradizionali possono risultare un ottimo esempio di questo metodo di comunicazione: si pensi a ogni qual volta vengono diffuse immagini e video riguardanti un disastro naturale, un attacco terroristico o semplicemente alle immagini di omicidi.

La teoria del “modello del doppio processo” sostiene che il rapporto tra le risposte riflessive, apprese dal contesto socio-familiare, e quelle automatiche, perciò primordiali, nell’elaborazione delle informazioni presenti nelle campagne per i diritti umani più comuni (come ad esempio la malnutrizione, le malattie non curate, le uccisioni extragiudiziali, la tortura, l’abuso o lo stupro), aiuta a spiegare perché e come gli individui cambiano (o non cambiano) i loro atteggiamenti e comportamenti per diventare sostenitori attivi dei diritti e di alcune campagne elettorali.

La letteratura sempre più accurata nell’ambito della psicologia politica sottolinea come l’affinità ideologica con l’estrema destra o sinistra dello spettro politico sia legata alla fisiologia e alla neurobiologia. É stato infatti dimostrato che le differenze individuali in specifiche aree neuronali, nonché gli stessi meccanismi cerebrali legati all’elaborazione delle emozioni che esse sottendono,possono portare a conseguenze cognitive e comportamentali riguardanti l’opinione personale che si può avere nei confronti dei diritti umani (Hibbing, Smith e Alford, 2014).

Per esempio, una sostanziale prova che i liberali e i conservatori elaborano le informazioni visive in modo diverso risiede nelle diverse reazioni fisiologiche a stimoli politici e non, potrebbe sottendere la possibilità di questi due gruppi politici di avere una visione inconscia del mondo diversa (Jost, & Amodio, 2012; Krosch, et. Al., 2013; Jost e Amodio, 2012; Oxley, et. al., 2008; Alford, Funk, e Hibbing, 2005; Hibbing, Smith, & Alford, 2014). Tra i risultati, i conservatori si sono dimostrati più consapevoli e disturbati dalle minacce percepite, meno fiduciosi verso gli estranei e più disturbati dalle violazioni dell’ordine stabilito. Queste differenze ideologiche si manifestano anche nel modo in cui liberali e conservatori rispondono alle informazioni e alle immagini. Hibbing, Smith e Alford (2014) hanno presentato ai soggetti una serie di immagini raffiguranti immagini positive (ad esempio, una spiaggia) e negative (come una casa in fiamme) e, utilizzando un software di eye-tracking, hanno scoperto che i conservatori erano più propensi a prestare attenzione alle immagini negative rispetto alla categoria dei liberali. I conservatori hanno dimostrato essere più propensi a descrivere espressioni facciali “neutre” come arrabbiate o turbate, e rivelavano un’attivazione fisiologica significativamente maggiore quando esposti a stimoli disgustosi e minacciosi (Braun, 2018).

Un interessante studio sul ruolo dell’emozione all’interno dei partiti estremisti ha mostrato come tutte e dieci le variabili dipendenti in esame, tra cui: fame nel mondo, immigrazione e condizione dei rifugiati e dei bambini; comportassero un accordo maggiore per l’azione su tali questioni politiche tra i membri del partito liberale rispetto a quello dei conservatori (Braun, 2018). I risultati ricordano ciò che Sam McFarland (2005) ha scritto sui sistemi di credenze caratteristici di coloro che tendono ad essere favorevoli ai diritti umani e di quelli che non lo sono. Per esempio, lui e Melissa Mathews (2005) trovano che coloro che più probabilmente danno la priorità ai diritti umani sono “alti nel ragionamento morale di principio”, più empatici e fiduciosi, mentre gli individui meno favorevoli hanno più probabilità di avere caratteristiche di etnocentrismo con le sue caratteristiche personologiche di dominanza sociale e autoritarismo (McFarland & Mathews, 2005).

La difesa dei diritti umani è sostenuta per gran parte dall’investimento nelle scienze della salute mentale, tese a riparare i danni derivanti dalla violazione di questi. Se le scienze medico-infermieristiche conservano un primato, rispetto al trattamento delle conseguenze fisiche della violazione dei diritti, le discipline “umanitarie” guadagnano sempre più terreno puntando a sviluppare progetti di accoglienza individualizzati, di ricongiungimento familiare, di educazione e sviluppo socioeconomico. Il legame tra violazione dei diritti umani e salute psicologica costituisce attualmente una discussione sempre più attiva e presente in tutti i programmi internazionali destinati alle vittime. Non solo quindi è ormai universalmente accolta l’idea che la violazione dei diritti degli individui conduca a forme di malessere psicologico, ma hanno larga diffusione indicazioni di buone prassi e studi inerenti agli interventi specifici da attuarsi a sostegno delle vittime.

Di Luna Piccinelli

lunapiccinelli97.lp48@gmail.com

BIBLIOGRAFIA:

Alford, JR, Funk, CL e Hibbing, JR (2005). Gli orientamenti politici sono trasmessi geneticamente?. Rivista di scienze politiche americane , 99 (2), 153-167.

Braun, J. P. (2018). Awakening Activism: The Political Psychology of International Human Rights Doctoral dissertation, University of Maryland, College Park).

Canale, D. (2017). Conflitti pratici: quando il diritto diventa immorale. Gius. Laterza & Figli Spa.

Hibbing, J.R., Smith, K.B. and Alford, J.R., (2014). Differences in negativity bias underlie variations in political ideology. Behavioral and Brain Sciences, 37(3), 297-307.

Jost, J. T., & Amodio, D. M. (2012). Political ideology as motivated social cognition: Behavioral and neuroscientific evidence. Motivation and Emotion, 36, 55-64.

Krosch, A. R., Berntsen, L., Amodio, D. M., Jost, J. T., & Bavel, J. J. V. (2013). On the ideology of hypodescent: Political conservatism predicts categorization of racially ambiguous faces as Black. Journal of Experimental Social Psychology, 49, 1196-1203.

McFarland, S., & Mathews, M. (2005). “Who Cares About Human Rights?” Political Psychology 26(3), 365-385.

Oxley, D. R., K. B. Smith, J. R. Alford, M. V. Hibbing, J. L. Miller, M. Scalora, P. K. Hatemi, and J. R. Hibbing. (2008). Political Attitudes Vary with Physiological Traits. Science. 321 (5896), 1667-1670.

SITOGRAFIA:

http://www.stateofmind.it

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